venerdì 27 maggio 2022

A Vaisitti 200 mila euro per la ricerca sul linfoma di Richter

La prima edizione del Bando lanciato da Fondazione Ricerca Molinette Onlus si è conclusa con la selezione del progetto presentato dalla professoressa Tiziana Vaisitti, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Mediche che svolge la propria attività al Molecular Biotechnology Center di Via Nizza, a Torino. Per il suo progetto diricerca Tiziana Vaisitti riceverà dalla Fondazione il contributo di 200 mila euro. Il progetto si focalizza su un linfoma raro chiamato linfoma di Richter, un tumore del sangue con un’altissima percentuale di mortalità. Questa leucemia ha caratteristiche simili alle forme di linfoma cronico frequenti nell’anziano e la scoperta di nuovi meccanismi molecolari potrà condurre a nuovi trattamenti, coerentemente con il tema centrale del bando, ovvero la ricerca che possa portare beneficio nelle patologie inevitabilmente associate all’invecchiamento. “Si tratta di una forma molto aggressiva di cancro che si sviluppa nel 10-12% dei pazienti che sono stati colpiti precedentemente dalla leucemia linfatica cronica”, spiega Tiziana Vaisitti, che si è formata principalmente a Torino, ma ha lavorato anche nel prestigioso centro di ricerca della Weil Cornell Medicine di New York. “Il contributo della Fondazione sarà centrale per aprire a nuove possibilità farmacologiche per i pazienti con Sindrome di Richter, provando a colmare un vuoto clinico significativo”. I risultati della prima edizione del Bando, sostenuto anche da un contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo e lanciato in partnership con l’Università di Torino e l’A.O.U. Città della Salute, sono stati molto positivi, con un’alta partecipazione di ricercatori appartenenti al polo Molinette, impegnati sia nella ricerca di base traslazionale che nella clinica. “La qualità delle proposte è stata complessivamente alta – sottolinea Emilio Hirsch, direttore scientifico della Fondazione Ricerca Molinette Onlus, presieduta da Massimo Segre – e questo dimostra quale sia l’impegno profuso dai ricercatori torinesi nella ricerca sulle malattie tipicamente associate all’invecchiamento, patologie che in una popolazione in cui gli anziani sono sempre di più condizionano la qualità della vita, la tenuta del sistema sanitario e le priorità per il nostro futuro. La speranza è oggi che questo finanziamento possa contribuire allo sviluppo di nuovi famaci e brevetti, per creare concretamente nuove possibilità di cura per i pazienti e, contemporaneamente, generare possibilità di sviluppo industriale con ricadute positive sul territorio”. "L’invecchiamento è associato, da un punto di vista biologico, all’insorgenza di patologie degenerative, che portano a problemi cardiovascolari, neurologici e non ultimo al cancro", spiega la Tiziana Vaisitti. Che aggiunge: "La sindrome di Richter, di cui mi occupo da alcuni anni, è la trasformazione della leucemia linfatica cronica, la leucemia più diffusa nei paesi Occidentali con un’età media all’esordio di 65 anni, in un linfoma aggressivo. La prognosi di questo linfoma è infausta, con una sopravvivenza per i pazienti di pochi mesi. Nonostante le cellule di questa leucemia siano state scoperte da Maurice Richter nel 1928, ad oggi le possibilità terapeutiche sono drammaticamente limitate. Pertanto il progetto ha lo scopo di individuare in queste cellule dei meccanismi che possano essere colpiti da farmaci. L’idea innovativa è di capire meglio come bersagliare specificità metaboliche che rendono le cellule di Richter diverse da quelle sane e che potrebbero essere alla base della loro resistenza ai farmaci attualmente disponibili. Questo studio permetterà quindi di conoscere meglio i meccanismi molecolari di malattia, così da definire nuove strategie terapeutiche personalizzate". Fondazione Ricerca Molinette è un ente senza scopo di lucro, nato nel 2001 dall’iniziativa congiunta dell’Università degli Studi di Torino e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Città della Salute e della Scienza”. L’obiettivo della Fondazione è sviluppare la ricerca scientifica all’interno della “Città della Salute e della Scienza” di Torino, collaborando con l’ospedale per migliorare il benessere dei pazienti e la qualità delle cure. In particolare, la Fondazione si impegna a sostenere la ricerca traslazionale, cioè volta a trasferire in ambito clinico i risultati della ricerca di laboratorio, attraverso lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie. I progetti che la Fondazione ha scelto di prediligere sono quindi una sorta di ponte tra la scienza e la medicina, rispondono ad esigenze reali e mettono al centro il paziente e il suo benessere. La Fondazione sostiene inoltre l’Ospedale nei suoi bisogni concreti, nel quotidiano e durante le emergenze. Durante l’emergenza Covid-19, grazie alla Campagna “Insieme in Prima Linea” sono stati raccolti e devoluti all’Ospedale Molinette e alla Città della Salute e della Scienza oltre 300.000 euro, destinati a dispositivi di protezione individuale, dispositivi medici e al potenziamento del Laboratorio di Microbiologia e Virologia. Dal 2001 ad oggi sono stati sostenuti oltre 530 ricercatori, per circa 15 milioni di euro erogati e oltre 200 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.

mercoledì 18 maggio 2022

Piemontesi in sovrappeso, gran fumatori e sedentari

Pubblichiamo uno stralcio dello studio di Mauro Zangola, economista ed editorialista, sul “Benessere equo e sostenibile dei cittadini piemontesi”.
di Mauro Zangola* Gli indicatori esaminati mostrano chiaramente come i cambiamenti nel profilo del benessere in Piemonte, come nel resto del Paese, siano stati molti nella direzione del progresso quanto nella persistenza di aree di criticità anche profonde Fra i fattori che abbiamo esaminato quelli che hanno influito positivamente sul benessere dei piemontesi soprattutto dopo il forte impatto negativo dovuto alla pandemia sono: 1. la ripresa della speranza di vita dopo il tonfo del 2020 dovuto all’eccesso di mortalità; 2. il miglioramento della salute come testimoniano la  riduzione degli eccessi di peso, di alcol e della sedentarietà e la sostanziale stazionarietà degli eccessi di fumo; 3. la ripresa dell’occupazione, anche se c’è ancora molto da fare per recuperare i livelli del 2019; 4. il miglioramento della digitalizzazione. Fra i fattori che al contrario hanno inciso negativamente sul benessere dei piemontesi segnaliamo: 1. la leggera contrazione del reddito disponibile e l’aumento delle persone a rischio povertà e in situazioni di grave deprivazione materiale e abitativa; 2. la difficoltà di conciliare il lavoro con la cura dei figli; 3. l’inquinamento dell’aria e le preoccupazioni per i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità; 4. la persistente insoddisfazione per la qualità di tutti i servizi di mobilità; 5. la ripresa dei furti predatori (furti in abitazione, borseggi e rapine) che rimangono comunque al di sotto dei livelli registrati prima dell’inizio della pandemia. Fra i fattori che continuano a segnalare aree di criticità assume un rilievo crescente la scarsa fiducia dei piemontesi nella politica e nelle istituzioni democratiche dalla quale si salvano solo le Forze dell’Ordine e la Croce Rossa. Dall’analisi condotta emergono elementi di preoccupazione, problemi vecchi e nuovi ma anche la volontà e la capacità dei piemontesi di reagire in un contesto economico e sociale tutt’altro che facile e fattibile di deterioramento. L’analisi condotta in questo studio ci ha posti di fronte anche a una dura realtà: i cittadini lombardi , veneti ed emiliano-romagnoli stanno meglio dei piemontesi. Il confronto fra i livelli degli indicatori nelle quattro regioni non lascia dubbi sul fatto che il Piemonte deve fare molto di più se vuole raggiungere un livello di benessere paragonabile a quello delle altre regioni messe a confronto. Gli elementi sui quali lavorare ci sono tutti; serve una presa d’atto oggettiva e la determinazione necessaria per eliminare o ridurre le distanze. Riportiamo qui di seguito il commento degli indicatori scelti all’interno dei domini utilizzati dall’Istat per misurare il benessere equo e sostenibile dei piemontesi, in particolare per quanto riguarda la salute. Speranza di vita. L’eccesso di mortalità ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita dalla nascita di oltre un punto (da 82,9 del 2019 a 81,4 nel 2020). Il dato del 2021 fa registrare tuttavia una ripresa con un valore pari a 82,4 in linea con la media nazionale e leggermente inferiore ai valori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Rispetto al 2005 la speranza di vita dei piemontesi è aumentata di circa due anni (da 80,6 a 82,4). Eccesso di peso. Nel 2021, il 39,3% della popolazione piemontese di 18 e più anni è in sovrappeso. Rispetto al 2020, la quota dei piemontesi in eccesso di peso si riduce di 3 punti percentuali e si attesta anche al di sotto del valore del 2019 (41,2%) e appena sopra il valore più basso registrato nel 2005 (38,7%). La quota delle persone in sovrappeso registrata in Piemonte nel 2021 è al di sotto dei valori registrati nelle regioni prese a riferimento. Eccesso di fumo. Cresce anche se di poco la quota di fumatori di 14 anni e più, passando dal 20,1% del 2020 al 21,3%: un valore in linea con quelle degli ultimi 15 anni ma decisamente più alto di quelli registrati in Lombardia (18,8%), Emilia-Romagna (18,5%) e soprattutto in Veneto dove la percentuale dei fumatori scende al 15,8%. Eccesso di alcool. L’abitudine al consumo a rischio di bevande alcoliche ha riguardato nel 2021 il 17,8% dei piemontesi con più di 14 anni: un valore in linea con quello del 2020 (17,6%), con i valori registrati negli ultimi 10 anni, ma decisamente più basso di quello del 2005, anno in cui il 26,2% dei piemontesi era un abituale consumatore di prodotti alcolici. Sedentarietà. Il 29% dei piemontesi con più di 14 anni è sedentario, non pratica cioè sport né continuamente né saltuariamente nel tempo libero. Dopo l’aumento dei sedentari registrato fra il 2019 e il 2020, il 2021 fa registrare una riduzione. I piemontesi, soprattutto i più giovani (tra i 14 e i 19 anni) sono comunque molto più sedentari dei lombardi e dei veneti. In queste regioni infatti la quota dei sedentari scende al 22%.

Gontero sulle malattie prostatiche: falsi miti e realtà Ciccarelli: Donne e uomini uguali di fronte alle malattie?

di Ernesto Bodini*
Gli incontri di lunedi 9 maggio, organizzati a Torino dall'Associazione Più Vita in Salute, sono stati dedicati a due argomenti di notevole attualità, quali “La prevenzione delle malattie prostatiche: falsi miti e realtà”, a cura del prof. Paolo Gontero (foto), direttore della Clinica Urologica della A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino (ospedale Molinette); e “Donne e uomini sono sempre uguali di fronte alle malattie?”, a cura della dott.ssa Enrica Ciccarelli, endocrinologa all’ospedale Martini di Torino, e referente per la Medicina di Genere all’Asl Città di Torino. Il primo relatore ha anzitutto ricordato che la prostata (o ghiandola prostatica) è un piccolo organo che fa parte dell’apparato genitale maschile, ed è posizionata nella pelvi, appena sotto la vescica e davanti al retto e che circonda il tratto superiore dell’uretra, la cui principale funzione consiste nel contribuire a produrre lo sperma rilasciato durante l’eiaculazione. Quando vi è una chiara indicazione viene asportata solitamente (nel 95% dei casi) in chirurgia robotica, metodica particolarmente indicata proprio per la posizione anatomica in cui si trova. «Talvolta – ha spiegato il clinico – ne consegue un problema di incontinenza in quanto viene temporaneamente leso il muscolo del pavimento pelvico che permette la continenza. In caso di ipertrofia prostatica benigna (IPB) nel 70% dei casi si procede alla riduzione della ghiandola, soprattutto se tali pazienti non rispondono alle terapie mediche; trattasi di un intervento con meno effetti “dannosi” sulla continenza delle urine, oltre ad intervenire in presenza di un tumore prostatico». Ma altra implicazione a seguito di questi interventi riguarda la sfera della sessualità, in quanto può verificarsi un danno permanente all’erezione per la necessaria rimozione dei nervi ricorrenti. Va detto che nel 70% dei casi questa ghiandola tende ad aumentare di volume con relativi sintomi, come la minzione frequente (specie di notte), e 1 soggetto su 9 risulta affetto da tumore della stessa clinicamente rilevante; nel 20% dei casi si manifesta la prostatite (infiammazione) e ciò può avvenire a qualsiasi età; anche se questa è una patologia non grave può diventare cronica e provocare diversi disturbi. «Tuttavia, una prostata ingrossata – ha precisato il clinico – non significa necessariamente malattia, ma una situazione parafisiologica, tant’è che talvolta alcuni pazienti sono asintomatici e asportare la ghiandola per una questione meramente di “normalità”, non è un obiettivo sufficiente, ad eccezione di eventuali complicanze o sintomi refrattari alle terapie; in questi casi l’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita». Ma la IPB aumenta il rischio di cancro? È il timore di molti uomini, ma secondo il relatore tale timore è pressoché infondato, perché l’ingrossamento solitamente si manifesta dopo i 50 anni di età e il tumore prostatico tendenzialmente aumenta in una età più avanzata, ciò rispetto all’IPB che si ingrossa nella parte centrale che circonda il canale che porta all’urina. Il tumore non ha nulla a che vedere con l’IPB in quanto insorge in una zona diversa dalla prostata stessa, e questo nell’80% dei casi, e solo il 20% dei tumori può casualmente insorgere nella zona prostatica. Ma quali le considerazioni in proposito? «Avere la prostata ingrossata – ha precisato il cattedratico – non aumenta il rischio di avere un tumore prostatico -, e se ciò si manifesta è puramente casuale; inoltre, eliminarla, anche se ingrossata, non esula totalmente dalla possibilità di contrarre un tumore. Quindi, con la diagnosi precoce il tumore prostatico viene individuato indipendentemente dalla presenza di sintomi relativi alla minzione che sono causa della IPB. Per la sua riduzione le terapie sono oggi meno invasive, grazie alle diverse tecniche disoponibili come i laser, alcuni dei quali sono particolarmente efficaci. In ogni caso, è sempre utile la prevenzione». Il relatore ha anche ricordato che la prostatite può manifestarsi a tutte le età degli adulti, e anch’essa non favorisce l’insorgenza di un tumore alla ghiandola: il contrario è un falso mito… «Ai fini della prevenzione – ha suggerito il prof. Gontero – è utile prevenire l’obesità, adottare una corretta alimentazione, fare attività sportiva, e non è certo controindicato andare in bicicletta (la controindicazione a questo riguardo è un altro falso mito), ma con qualche accorgimento in presenza di infiammazione della ghiandola. Per quanto riguarda l’esame del PSA (acronimo di “Antigene Prostatico Specifico”, è una proteina che viene prodotta dalle cellule della ghiandola prostatica, ndr) , il cui valore aumenta nell’80% dei casi in presenza del tumore prostatico. Controllare il valore del PSA serve a migliorare la sopravvivenza al fine di poter diagnosticare un tumore in anticipo; quindi utile l’equazione: visita medica, esame Psa e screening, ossia controlli nel tempo. E ciò anche se lo screening non è obbligatorio per il carcinoma prostatico». ENRICA CICCARELLI Relativamente alla cosiddetta Medicina di Genere, attualmente tale aspetto sta suscitando un certo interesse, in qunto è una problematica che riguarda non solo il paziente in quanto tale, ma anche il processo organizzativo inerente le malattie e le terapie. Ma cosa si intende per medicina di genere, o meglio, Genere Specifica? «Genere e Sesso – ha spiegato la dott.ssa Enrica Ciccarelli – sono due termini sovente usati come sinonimi, e in parte lo sono… Il Genere si diversifica in quanto non solo è questione estetica che differeenzia l’uomo dalla donna, ma nelle differenze di genere lo sono anche dal punto di vista socio-culturale, come ad esempio nel comportamento. Il Genere è comunque un termine in uso dal 1968, e si hanno tre componenti che identificano le influenze ormonali, l’assegnazione del sesso alla nascita, e anche le influenze dell’ambiente come pure quelle psicologiche». In effetti, fino al XVIII secolo si ha l’identificazione della donna come aspetto ad “uso e “consumo” sessuale e riproduttivo; nel 1998 l’Oms ha pubblicato una “sfida di genere” per le nazioni e le organizzazioni internazionali, un invito a migliorare la valutazione dei fattori di rischio che coinvolgono la salute delle donne, lo sviluppo di strategie preventive per ridurre l’impatto delle malattie che affliggono maggiormente le donne, e ad uno sforzo maggiore per comprendere perché gli uomini muoiono prima delle donne. «Con l’ottica della differenza che può essere evidenziata per tutti i tipi di patologie – ha sottolineato la relatrice – si comincia a capire qualcosa di più, a cominciare, ad esempio, dai problemi cardiovascolari (CV), e le patologie che colpiscono l’uomo e la donna in modo diverso…Le malattie CV sono considerate ancora prevalenti nel sesso maschile, mentre sono sottostimate nella donna che spesso manifesta sintomi diversi dall’uomo. Va precisato e considerato che a riguardo ci sono fattori multidimensionali: psico-sociali, fisiologici, anatomici e biologici che contribuiscono alla diversa sintomatologia tra uomo e donna. Quindi, la patologia prevalente nella donna è cardiovascolare e non quella relativa al seno come comunemente si tende a pensare. In questo contesto, oggi si può fare molto in considerazione del fatto che un terzo dei decessi a livello mondiale avviene proprio per problemi cardiovascolari, metà dei quali riguardano le pazienti over 50, ossia dopo la menopausa». Da tutto ciò si è appreso che esistono delle differenze di genere, e che la donna rappresenta una condizione equiparabile all’uomo ma con dieci anni di ritardo… Tutte queste differenze sono date dal fatto che per certi versi si considera più l’uomo rispetto alla donna, anche perché quest’ultima si presenta meno… a cominciare dal fatto della differente sintomatologia in diverse malattie, e la stessa tende a trascurarsi un po’ di più rispetto all’uomo. Un altro problema da considerare è il diabete, patologia sempre più in evoluzione con le relative complicanze, sia quello di tipo 1 che di tipo 2 (mellito); e per prevenire tale evoluzione patologica è necessaria una capillare prevenzione. «Anche in questo caso – ha precisato la relatrice – si manifesta una certa differenza tra uomo e donna e, tra i diversi fattori coinvolti, sono da rilevare quelli ormonali, l’obesità addominale, l’ipertensione, elevati livelli di colesterolo, maggiore ipercoagulabilità, etc. Inoltre, la donna è meno propensa a sottoporsi ad esami di controllo, come pure per la donna è differente il trattamento terapeutico, pur rispettando il protocollo dello stesso». La relatrice ha anche introdotto il problema relativo all’Endocrine Disruptor, ossia l’alterazione della funzione d’organo: eccesso o riduzione di produzione di ormoni, modifica di un ormone rispetto ad un altro, alterazioni nel metabolismo ormonale, promozione di morte cellulare prematura, legame ad ormoni essenziali, accumulo di organi che producono ormoni, etc. «È pure da considerare – ha aggiunto – l’associazione con i micobatteri (elementi relativi alla tubercolosi, ndr), e un relativo studio ha rilevato che nelle donne l’associazione di inquinanti ambientali con micobatterio sia molto più a rischio di creare patologie come la tubercolosi nelle donne, di cui ci si sta approfondendo perché la risposta immunitaria è diversa da uomo a donna: nel genere la donna risponde diversamente perché è più “vivace” dal punto di vista immunitario». In merito all’infezione da Covid-19 ha spiegato che per quanto riguarda il contrarre questa malattia e le difese immunitarie, c’è qualche differenza tra uomo e donna. «La possibilità di sviluppare la malattia – ha precisato la dott.ssa Ciccarelli – è praticamente uguale, ma nell’uomo esiste una maggiore severità indipendentemente dall’età: il rischio di morte di un maschio che contrae il coronavirus è 2,4 per la donna. Per quanto riguarda invece l’osteoporosi anche l’uomo non ne è immune, ma è opportuno verificare a fondo quando si manifesta la patologia, sia nell’uomo che nella donna, con la precisazione che in caso di frattura del femore, ad esempio, l’uomo è più vulnerabile». Dal punto di vista psichiatrico la relatrice ha precisato che la depressione si manifesta più frequentemente nella donna, ma in caso di suicidio nell’uomo l’incidenza è molto più elevata in quanto non viene considerato a sufficienza l’aspetto della crisi depressiva; inoltre nella donna il consumo di farmaci è maggiore rispetto all’uomo, come pure in essa sono maggiori gli effetti collaterali legati al dosaggio assunto e alla risposta dell’organismo (metabolismo). «Vi è dunque – ha concluso la dott.ssa Ciccarelli – sempre più la necessità di capire i meccanismi che si manifestano nelle malattie e nelle terapie tanto nell’uomo quanto nella donna, sia dal punto di vista clinico che economico con l’quazione: appropriateza, cura-guarigione e risparmio». * Giornalista scientifico

domenica 15 maggio 2022

Lo stato di salute della nostra industria farmaceutica

La crescita del settore farmaceutico italiano, primo in Europa per il numero di imprese, rischia di frenare per la carenza di materie prime e per i colli di bottiglia che gravano su tutta la catena del valore. È l’allarme lanciato dall’”Osservatorio sul sistema dei farmaci generici”, realizzato da Nomisma per Egualia (già Assogenerici). Nel panorama manifatturiero nazionale, il comparto farmaceutico si contraddistingue per una preponderanza di imprese di medie e grandi dimensioni, rispetto agli altri comparti. Se sul totale delle imprese manifatturiere l’81,3% ha meno di 10 addetti, la percentuale scende al 37% per le imprese del farmaco, mentre la somma delle medie e grandi imprese raggiunge il 42,1%. Fra l'altro, alle imprese farmaceutiche con oltre 250 addetti si deve l’82% del fatturato, una quota di gran lunga superiore rispetto a quella del totale della manifattura, che si attesta al 46,1%. Sommando alle grandi imprese le medie, la quota di fatturato realizzato dalle aziende con oltre 50 addetti raggiunge il 96,9%, contro il 71,4% del totale manifatturiero. Il settore farmaceutico, comunque, è in buona salute. Lo si evince, innanzitutto, dal dato occupazionale, che vanta una crescita ininterrotta dal 2014, pari al 13% in sei anni. Al 2020, nelle imprese farmaceutiche localizzate in Italia sono impiegati circa 67.000 occupati, che rappresentano l’1,7% dei lavoratori del complesso del manifatturiero. Focalizzando l’attenzione sull’ultimo decennio, il comparto è uno dei pochi (insieme ad alimentare, macchinari e apparecchiature e chimica) a segnare un incremento occupazionale. La farmaceutica cresce, infatti, del 3,6%, in controtendenza rispetto alla manifattura che registra una perdita del 5,7% della propria base occupazionale. Un ulteriore elemento peculiare del settore farmaceutico è l’elevato valore aggiunto per addetto:139 mila euro nel 2020, di gran lunga superiore a quello degli altri comparti, davanti alla chimica (92 mila euro per occupato) e più che doppio rispetto alla media manifatturiera (58 mila euro). Tuttavia, rispetto all’anno precedente c' stato un calo del 5,7%, frutto della contrazione del valore aggiunto da un lato e della crescita del numero degli occupati dall’altro. In ogni caso, l’incidenza della quota di produzione farmaceutica su quella totale manifatturiera è aumentata, passando dal 2,3% del 2008 al 2,7% del 2019. Inoltre, a differenza di altri settori produttivi, le imprese del farmaceutico non hanno smesso di investire. L’Osservatorio, infatti, ha rilevato una buona propensione all’investimento, che nel decennio ha comportato una crescita dell’incidenza degli investimenti farmaceutici sugli investimenti totali manifatturieri di mezzo punto percentuale (dal 2,9% del 2008 al 3,4% del 2019). Anche dal punto di vista dell’export, il settore farmaceutico si conferma in controtendenza ed è stato l’unico, insieme a quello alimentare, a segnare nel 2020 una crescita (+3,8% rispetto al 2019) che lo ha confermato il sesto comparto dell’export nazionale per valore. Al 2020, le esportazioni del farmaceutico valgono 33,9 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 184% nei dodici anni presi in esame. Così, se nel 2008 le esportazioni di settore pesavano per il 3,4% su quelle manifatturiere, nel 2020 tale valore risulta più che raddoppiato, superando la soglia dell’8%. In particolare, le imprese di farmaci generici crescono di più di quelle che producono farmaci non generici. Osservando l’andamento del volume d’affari delle imprese di farmaci generici si nota una crescita strutturale tra il 2014 e il 2019: i ricavi sono aumentati (+8% ogni anno, +47,9% complessivamente), attestandosi nel 2019 a oltre 4,3 miliardi di euro. Le imprese di farmaci non generici, invece, hanno segnato una crescita meno vigorosa (+21,8% nel periodo 2014-2019 e +4,5% di media annuale). Una dinamica simile si registra osservando l’andamento dell’occupazione: nel periodo 2014-2019 l’incremento supera il 31% tra le imprese di farmaci generici, mentre si ferma al 9,3% per i non generici. I dipendenti delle imprese di farmaci generici a fine periodo sono oltre 8.600. Nonostante un volume di ricavi che cresce a un ritmo più sostenuto, le imprese di farmaci generici presentano però una minor capacità di generare redditività rispetto alle società che si occupano di farmaci non generici. Il margine operativo lordo registra una tendenza, rispetto ai ricavi, strutturalmente meno performante per le imprese di farmaci generici oscillando nel periodo 2014-2019 tra il 10,6% del 2019 e l’11,3% ( 2017). Le imprese che si occupano di farmaci non generici, invece, mostrano valori costantemente superiori, attestandosi al 15,1% nel 2019, segnalando una distanza di redditività che tende ad amplificarsi. Nel 2020 la spesa farmaceutica, pubblica e privata, in Italia ammontava a 20,5 miliardi di euro, in diminuzione del 2,6% rispetto all’anno pre-pandemico (2019), allineandosi a valori simili a quelli del 2018. La spesa territoriale pubblica è stata pari a 11,9 miliardi di euro, registrando un decremento del 3% rispetto al 2019. Di poco inferiore la flessione subita dalla spesa privata, che nel 2020 si è assestata a 8,7 miliardi (-2%). I risultati realizzati nell’ultimo anno non hanno impattato sulle dinamiche di medio periodo, lasciando inalterato il trend che vede una diminuzione della spesa pubblica a favore di quella privata sostenuta dai cittadini: dal 2011 al 2020, l’incidenza della spesa pubblica sul totale è scesa dal 63% al 58%, con un conseguente guadagno della quota privata di circa 5 punti percentuali. L’analisi per tipologia di farmaci venduti mette in evidenza un dato interessante: fra il 2009 al 2020 sono aumentate le vendite di generici del 119% a volumi e del 148% a valori. Parallelamente si è verificata una graduale diminuzione della presenza di farmaci coperti da brevetto, le cui confezioni sul mercato si sono ridotte di circa 328 milioni (-65%), con una contrazione di valore di circa 5,6 miliardi di euro (-63%).

sabato 14 maggio 2022

Prevenzione troppo trascurata dagli italiani

La prevenzione è un elemento chiave per la salute, tuttavia ancora molto trascurata dagli italiani. Le donne sono più attente degli uomini (appena il 15% dei maschi ha svolto una visita andrologica nell'ultimo anno), tuttavia solo una italiana su due è andata dal ginecologo negli ultimi 12 mesi e quasi una su tre sembra evitare questo controllo di base, a prescindere dalla pandemia. È quanto emerge da un'indagine dell'Osservatorio Sanità di UniSalute, svolta in collaborazione con Nomisma e riportata, in sintesi, dall'Ansa. Dall'indagine emerge come la prevenzione non sia una abitudine ancora acquisita dalle donne: il 16% dichiara di non fare una visita ginecologica da molti anni, il 13% riferisce addirittura di non averla mai fatta. Anche un esame importante come il Pap test è stato effettuato nell'ultimo anno da meno di una donna su tre (31%); nella fascia d'età tra i 30 e i 44 anni il 30% delle donne dichiara di non averlo mai fatto o di averlo fatto molti anni fa. In merito alla frequenza dei controlli per la prevenzione del tumore al seno, solo una donna su quattro ha svolto un'ecografia al seno nell'ultimo anno e il 44% delle donne tra i 30 e i 44 anni non si è mai sottoposta a questo esame. Tecniche preventive come l'autopalpazione sono praticate con regolarità solo dal 29% delle donne italiane. Per quanto riguarda la mammografia, il 23% della donne tra i 45 e i 54 anni dichiara di averla effettuata molti anni fa o di non averla mai effettuata, nonostante sia consigliata come controllo regolare a tutte le donne sopra i 40 anni. Non va meglio per gli uomini: il sondaggio rivela come appena il 15% sia stato dall'andrologo nell'ultimo anno. Inoltre – riferisce ancora l'Ansa - un esame importante per la salute della prostata, ossia il dosaggio del PSA, è stato effettuato nell'ultimo anno solo dal 42% degli uomini tra i 55 e i 65 anni, dato che scende al 27% nella fascia d'età 45-54. Ad accomunare donne e uomini la poca attenzione alla salute della propria pelle: secondo la ricerca di UniSalute il 54% degli uomini e delle donne non ha mai svolto una visita dermatologica per la valutazione dei nei. Prevenzion

venerdì 13 maggio 2022

Gli italiani promuovono il personale medico e paramedico

Continua a crescere la percentuale di persone che hanno dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici di cui avevano bisogno per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio, passando dal 6,3% del 2019 al 9,6% nel 2020 e all’11% nel 2021. Il 53,3% di chi rinuncia riferisce motivazioni legate alla pandemia da Covid-19. Lo ha comunicato l'Istat, l'istituto nazionale di statistica. Dal punto di vista della dotazione di personale sanitario, si è registrato un leggero incremento di medici e personale paramedico, indispensabili per far fronte all’emergenza sanitaria: nel 2021 ci sono 4,1 medici ogni 1.000 residenti (erano 4,0 nel 2020); infermieri e ostetriche passano al 6,6 per 1.000 residenti nel 2020 (erano il 6,5 nel 2019). Queste figure riscontrano un’ampia fiducia da parte della popolazione: circa il 50% dei residenti di 14 anni e più ha dato loro un punteggio di fiducia uguale o superiore a 8 (su una scala da 0 a 10). Nel 2020 il 7,3% delle persone si è spostato in un'altra regione per effettuare un ricovero. Le restrizioni imposte dalla pandemia, che hanno impedito gli spostamenti fuori dalla propria regione e il sovraccarico dei servizi ospedalieri dovuto ai pazienti Covid hanno comportato un calo di 1 milione e 700mila ricoveri di pazienti residenti fuori regione rispetto al 2019, anno in cui il tasso di emigrazione ospedaliera era pari all’8,3%. Nel 2021 il 9,4% delle persone di 14 anni e più ha utilizzato assiduamente i mezzi pubblici.

giovedì 12 maggio 2022

Toti: in Liguria presto altri 700 infermieri

“La professione dell’infermiere costituisce un cardine del nostro sistema sanitario: lo abbiamo visto durante l’emergenza Covid, con il personale infermieristico in prima linea nei nostri ospedali e lo vedremo anche in futuro con l’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza e il potenziamento della risposta territoriale ai bisogni di salute dei cittadini. La nostra priorità è stata e continua a essere la valorizzazione di questa professione: dalla creazione dei reparti a conduzione infermieristica, dal sostegno al master per l’infermiere di famiglia che è nato a Genova fino ai concorsi che abbiamo realizzato, il primo nel 2017 (con oltre 1.100 assunzioni effettuate) e il secondo per 700 posti a tempo indeterminato che vedrà la fase di selezione concludersi entro l’estate per poi avviare subito le assunzioni”. Così Giovanni Toti, presidente e assessore alla Sanità della Regione Liguria, intervenuto alla presentazione delle iniziative previste in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, che si celebra ogni anno il 12 maggio. In Liguria gli iscritti all’Ordine delle Professioni Infermieristiche sono 14.624 (nello Spezzino 2.082, nell’Imperiese 1.604, nel Savonese 2.602, nell’area metropolitana genovese 8.336); di questi, 10.903 sono impiegati nel servizio sanitario regionale. A questi numeri si aggiungeranno i 700 infermieri che saranno assunti nei prossimi mesi attraverso il concorso in atto, le cui procedure di selezione si concluderanno entro l’estate. Il presidente del Coordinamento regionale Ordini Professioni Infermieristiche Liguria Carmelo Gagliano evidenzia “la necessità per il prossimo anno accademico di lavorare con l’Università di Genova per garantire un aumento dei posti al corso di laurea di infermiere così da soddisfare quanto previsto dal Pnrr in relazione alle figure dell’infermiere di famiglia e di comunità”.

martedì 10 maggio 2022

Quando è importante lavarsi bene le mani

Il 5 maggio è stata la Giornata mondiale per l’igiene delle mani, promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per celebrare l’importanza di questo gesto semplice ma essenziale per la prevenzione delle malattie infettive, sia in comunità che nelle strutture di assistenza e cura. Dal 2005, ogni anno l’OMS ha indicato uno slogan che potesse guidare la campagna per l’igiene delle mani a livello globale. Per la giornata del 5 maggio 2022, il tema proposto dall’OMS è stato incentrato sul miglioramento del clima o cultura della sicurezza e della qualità di una struttura attraverso l'igiene delle mani, atto fondamentale nella prevenzione e nel controllo delle infezioni. Slogan della campagna OMS di quest'anno: “Uniti per la sicurezza: igienizza le tue mani!”. In ambito assistenziale e in comunità, lavarsi le mani correttamente, con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi, oppure, se non disponibili, igienizzarle con soluzione idroalcolica per almeno 20-30 secondi (fonte WHO), impedisce la trasmissione dei microrganismi responsabili di molte malattie infettive, dalle più frequenti, come l'influenza e il raffreddore, a quelle più severe, come le infezioni correlate all’assistenza (ICA). La campagna 2022 invita tutte le persone a lavorare insieme per influenzare la cultura della sicurezza, attraverso la conoscenza e la pratica dell’igiene delle mani, per raggiungere l'obiettivo comune di sicurezza e qualità nell'organizzazione sanitaria. L'igiene delle mani è il gesto quotidiano più efficace per ridurre la diffusione di agenti patogeni e prevenire le infezioni, compresa l’infezione da Covid-19. Si raccomanda di igienizzare le mani prima: di assumere farmaci o somministrare farmaci ad altri, di toccarsi occhi/naso/bocca (per es., per fumare, usare lenti a contatto, lavare i denti, etc.); di mangiare. Prima e dopo aver assistito/toccato una persona malata, aver medicato o toccato una ferita, aver cambiato il pannolino di un bambino, aver maneggiato alimenti, soprattutto se crudi, aver usato i servizi igienici, ver toccato un animale. Dopo: aver toccato altre persone, aver frequentato luoghi pubblici (negozio, ambulatorio, stazione, palestra, scuola, cinema, bus, ufficio, etc.) e, in generale, appena si rientra in casa; aver maneggiato la spazzatura, aver utilizzato soldi. Si ricorda, in particolare, che è buona abitudine tossire/starnutire nella piega del gomito, per non contaminare le mani con cui successivamente si possono trasmettere i propri microrganismi toccando ad es. il cellulare, la maniglia di una porta, etc. Inoltre, è raccomandato l'utilizzo di fazzoletti monouso per soffiarsi il naso, possibilmente eco-sostenibili, da smaltire nei rifiuti e ricordare di lavarsi le mani, subito dopo l’uso. L’igiene delle mani svolge un ruolo fondamentale per la nostra salute e quella delle altre persone, soprattutto negli ambienti assistenziali. Le infezioni correlate all'assistenza sono, infatti, un problema globale che colpisce circa il 7-10% dei pazienti, a seconda del Paese. In Italia, si stima che il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione ospedaliera (fonte Istituto Superiore di Sanità). Non tutte le infezioni correlate all'assistenza sono prevenibili, ma si stima che almeno la metà potrebbero essere evitate. In tutti i luoghi di assistenza o cura (dall’inglese point of care, POC), è importante lavare le mani con acqua e sapone o igienizzarle con una soluzione idroalcolica. Nel Point of care (POC): si incontrano tre elementi: il paziente, l’operatore sanitario, l’assistenza o il trattamento terapeutico che prevede il contatto con il paziente o l'ambiente circostante. L'igiene delle mani deve essere eseguita nei cinque momenti indicati dall'OMS, in cui si presta assistenza o cura. I prodotti per l'igiene delle mani (ad es. soluzioni a base di alcol, acqua, sapone, asciugamani) devono essere facilmente accessibili e il più vicino possibile al punto di cura, senza dover lasciare la zona paziente. La pratica dell’igiene delle mani nell'ambito dell'assistenza sanitaria previene le infezioni correlate all'assistenza e la trasmissione di microrganismi potenzialmente patogeni sia nel setting assistenziale che in comunità. La prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza è di fondamentale importanza anche per ridurre le infezioni resistenti ai farmaci e la diffusione dei microrganismi resistenti che le provocano.

venerdì 6 maggio 2022

Indagine Istat sui fattori di rischio per la salute

Nel 2021, in Italia, il 19% della popolazione di 14 anni e più dichiara di essere fumatore (9,958 milioni di persone), il 24% di aver fumato in passato e il 55,7% di non aver mai fumato. Lo ha comunicato l'Istat, aggiungendo che è pari al 46,2% la popolazione di 18 anni e più in eccesso di peso (34,2% in sovrappeso, 12% obeso), mentre il 50,9% è in condizione di normopeso e il 2,9% è sottopeso. L'Istituto nazionaledi statistica ha anche riferito che il 66,3% della popolazione di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno: il 54,4% beve vino, il 50,4% consuma birra e il 45,4% aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori. Inoltre, 19,667 milioni di persone (il 33,7% della popolazione di 3 anni e più) dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero. Si osservano marcate differenze di genere: è sedentario il 36,9% delle donne contro il 30,3% degli uomini. L'Istat ha reso disponibili le informazioni su abitudine al fumo, eccesso di peso, consumo di alcol e sedentarietà con l’obiettivo di offrire una lettura più completa delle dinamiche sociali in atto. I dati sono stati raccolti attraverso l’indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”. Il campione comprende circa 19.800 famiglie per un totale di circa 45.600 individui. Le interviste sono state effettuate tra marzo e maggio 2021.

Prevenzione delle malattie prostatiche e endocrinologia nuovi temi degli incontri dei Lunedì della Salute a Torino

“La prevenzione delle malattie prostatiche: falsi miti e realtà” è il tema del primo dei due incontri dei “Lunedì della Salute” in programma a Torino, dalle 16,15 alle 18,30, nel Centro Biotecnologie Molecolari dell'Università di Torino, in via Nizza 52, a ingresso libero. Ne parla Paolo Conterno, medico specialista in Urologia, direttore della clinica urologica della Città della Salute e della Scienza, alle Molinette. Il secondo incontro, nello stesso pomeriggio, è intitolato “Donne e uomini sono sempre uguali di fronte alle malattie?”. Relatore è Enrica Ceccarelli, medico specialista in endocrinologia, responsabile di Endocrinologia all'ospedale Martini, presidente dell'associazione Donne medico di Torino. Gli incontri, tutti a ingresso libero, sono organizzati dall'Associazione “Più Vita in Salute”, presieduta da Roberto Rey e coordinata da Giovanni Bresciani.

mercoledì 4 maggio 2022

Per il benessere degli anziani non autosufficienti

Secondo il rapporto 2020 dell'Istat, in Italia gli ultraottantenni con gravi limitazioni di autonomia nelle attività quotidiane fondamentali e in quelle strumentali sono circa 2,3 milioni. A questo dato si aggiunge che in Italia gli ultrasessantenni sono il 23% dei cittadini, la quota più elevata in Europa. Le stime al 2030 a al 2050 confermano la tendenza all'invecchiamento della popolazione a fronte di una riduzione della natalità. La pandemia da Covid-19, poi, ha messo in evidenza l'impatto del distanziamento sociale sugli anziani, che colpiti dall'infezione e dalla solitudine, hanno pagato il prezzo più alto in termini di vite umane e relazioni affettive. Parte da queste considerazioni il volume “Domiciliarità e/o residenzialità per il benessere degli anziani non autosufficienti” curato dai ricercatori dell'associazione culturale InCreaSe - Guido Lazzarini, Paola Benetti, Luigi Bollani, Fabrizio Floris, Antonella Forte, Maria Rosa Guerrini, Maria Giuseppina Lucia, Vilma Rossi e Silvia Vercellino - e presentato a Torino, a Palazzo Civico, insieme al Consiglio dei Seniores. L'opera intende offrire una riflessione multidisciplinare a partire dall'ipotesi che “domiciliarità e residenzialità “sono due soluzioni di un percorso di vita che devono considerarsi interscambiabili a seconda dell'esigenza della persona e/o dei caregiver ed entrambe le scelte “devono poter ottenere gli stessi trattamenti socio -economici- assistenziali - sanitari da parte dellente pubblico”. La ricerca è basata su documenti, interviste e statistiche con proposte per rispondere adeguatamente ai bisogni degli anziani non autosufficienti. In questo contesto, secondo gli autori, le politiche sociali devono ripensare l'organizzazione dei servizi per gli anziani e le famiglie, creando ambienti in grado di corrispondere ai bisogni della quotidianità, ma soprattutto ai bisogni affettivo-relazionali degli anziani, al rispetto dei valori dell'età avanzata, mettendo sullo stesso piano le relazioni empatiche e le relazioni di cura. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce l'esigenza di potenziare le cure domiciliari e di integrare maggiormente prestazioni sociali e sanitarie, e il PNRR mette a disposizione ingenti risorse per raggiungere questi obiettivi. “Il libro affronta problemi molto attuali di natura sanitaria, sociale e psicologica sul tema della popolazione anziana più fragile, in particolare, affronta la questione della residenzialità o dell'assistenza domiciliare delle cure, quali proposte per aiutare gli anziani e le famiglie coinvolte come 'caregiver' a gestire fisicamente ed economicamente la situazione della cura del familiare malato” ha sottolineato Edoardo Benedicenti, presidente del Consiglio dei Seniores della Città di Torino (nella foto). L'incontro, patrocinato dalla Città di Torino, è stato promosso dal Consiglio dei Seniores, in collaborazione con InCreaSe che opera con ricerche scientifiche e azioni sul campo per contribuire al benessere sociale e al conseguimento di uno sviluppo sostenibile, inclusivo, equo e stabile.

domenica 24 aprile 2022

Istat: in Italia 59 mila i decessi per Covid nel 2021

Nel 2021, in Italia, i decessi ritenuti correlati al Covid-19 sono stati 59mila e rappresentano l’8,3% dei decessi totali per il complesso delle cause, proporzione in calo rispetto all’anno precedente quando se ne contarono oltre 77mila, il 10,3%. Nel 2020, primo anno di pandemia, la mortalità è stata particolarmente elevata tra la popolazione di 80 anni e più, spesso in condizione di fragilità. Nel 2021 sì è molto ridotta la mortalità tra gli anziani rispetto al 2020, tuttavia il 72% dell’eccesso di mortalità è ancora dovuto alle morti delle persone di 80 anni e più. Nel 2021, la mortalità è risultata, invece, in leggero aumento tra gli uomini da 0 a 49 anni e tra le donne di 50-64 anni. Nel 2020 l’eccesso di mortalità ha caratterizzato soprattutto le regioni del Nord, mentre nel 2021 cambia la mappa del contagio, con un impatto che interessa tutto il territorio nazionale, ma che cresce nel Mezzogiorno. Il Nord resta sempre la ripartizione con una proporzione maggiore di decessi Covid-19 su decessi totali, con un valore medio della ripartizione del 9% per il 2021. Rispetto all’anno precedente, tuttavia, si è assistito a un calo di questa percentuale: quasi tutte le regioni settentrionali presentavano infatti nel 2020 valori superiori al 10%, con punte di oltre il 20% in Valle d’Aosta. Di contro, nelle regioni centro-meridionali la quota è aumentata nel 2021 rispetto al 2020, dal 6,9% al 7,7% al Centro e dal 5,3% al 7,6% nel Mezzogiorno. Questi dati sono stati riferiti dall'Istat con altri relativi alle condizione di salute degli italiani. L’eccesso di mortalità ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno di vita a livello nazionale (da 83,2 nel 2019 a 82,1 anni nel 2020), ma i dati stimati evidenziano un accenno di ripresa per il 2021 con un valore pari a 82,4 anni. Nonostante la flessione degli anni di vita attesi nel 2020, l’indicatore della speranza di vita in buona salute alla nascita ha subito un inaspettato miglioramento e si è attestato a 61 anni, con un guadagno di 2,4 anni rispetto al 2019. Nel 2021, il miglioramento nella speranza di vita in buona salute osservato tra le donne si ridimensiona, con una flessione di circa 10 mesi, arrivando a 59,3 anni da vivere in buona salute. Tra gli uomini, invece, il valore della speranza di vita in buona salute alla nascita nel 2021 (pari a 61,8 anni) si mantiene simile a quello del 2020, anno in cui era aumentato di 2,1 anni rispetto al 2019. L’incremento della buona salute nel 2020, comune a molti Paesi europei, è effetto di un aumento della quota di persone che, nel contesto della pandemia, ha relativizzato la propria condizione di salute, valutandola con maggior favore di quanto non avrebbero fatto in passato. Nel 2021 si osserva un peggioramento nelle condizioni di benessere mentale tra i ragazzi di 14-19 anni. In questa fascia d’età il punteggio rilevato (misurato su una scala in centesimi) è sceso a 66,6 per le ragazze (- 4,6 punti rispetto al 2020) e a 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). Aumenta, infatti, la percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale (punteggio dell’indicatore di salute mentale inferiore al primo quintile della distribuzione, pari a 52 punti), che passa dal 13,8% nel 2019 al 20,9% nel 2021. Continua a ridursi la proporzione di anziani di 75 anni e oltre affetti da gravi limitazioni o condizioni di multicronicità, sebbene i livelli permangano comunque elevati e riguardino nel biennio 2020-2021 quasi la metà della popolazione in questa fascia di età (47,8%). Sia nel 2020 sia nel 2021 l’indicatore che monitora la sedentarietà segna un ulteriore miglioramento in linea con il trend registrato negli ultimi anni, tuttavia, la diminuzione non ha riguardato i giovanissimi di 14-19 per i quali si è assistito a un aumento significativo della quota di sedentari che è passata dal 18,6% al 20,9%. Diminuisce nel 2021 l’eccesso di peso tra la popolazione adulta di 18 anni e più rispetto a quanto registrato nel 2020 (passando dal 45,9% al 44,4%) e si riattesta al livello del 2019 (44,9%), ma il decremento riguarda soltanto la quota di persone in condizione di sovrappeso, mentre la proporzione di persone in condizione di obesità risulta in lieve ma costante aumento, raggiungendo la quota dell’11,4% nel 2021 a fronte del 10,5% nel 2019 e del 10,9% nel 2020. Nel 2021, è pari al 19,5% la quota di fumatori di 14 anni e più, quota stabile rispetto al 2020 (19,1%) e in lieve aumento rispetto a quanto registrato nel 2019 (18,7%). L’abitudine al consumo a rischio di bevande alcoliche ha riguardato nel 2021 il 14,7% della popolazione di 14 anni e più. Dopo l’aumento tra il 2019 e il 2020 (dal 15,8% al 16,7%), nel 2021 si osserva una riduzione pari a 2 punti percentuali. La flessione nella quota dei consumatori a rischio ha riguardato sia il consumo abituale eccedentario sia le ubriacature.

sabato 23 aprile 2022

Record di sì alla donazione degli organi

Nel 2021, in Italia, sono cresciute del 3% le dichiarazioni di volontà alla donazione di organi e tessuti registrate all'atto dell'emissione della carta d'identità nelle anagrafi dei 6.845 Comuni italiani in cui il servizio è attivo, raggiungendo così il livello record del 68,9% dei sì. Lo si legge nell'Indice del Dono, il rapporto realizzato dal Centro nazionale trapianti. Ed è Trento a essere risultata la più generosa tra le grandi città. L'Indice, reso noto in occasione della 25a Giornata nazionale della donazione degli organi (il 24 aprile) è espresso in centesimi ed è elaborato tenendo conto di alcuni indicatori come la percentuale dei consensi, quella delle astensioni e il numero dei documenti emessi. A livello nazionale, l'anno scorso, il 2021 è stato un anno davvero positivo per la raccolta delle dichiarazioni di volontà alla donazione: i consensi hanno sfiorato il 69%, con un indice del dono medio di 59,23/100 (rispetto al precedente 52,86): si tratta della percentuale di "sì" più alta mai raccolta in un anno da quando la registrazione avviene nelle anagrafi. Il calo dei "no" è distribuito in modo abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale e anche se i risultati migliori vengono raggiunti dalle regioni del Nord, i consensi alla donazione sono in crescita anche nel Meridione. A oggi le dichiarazioni di volontà depositate nel Sistema informativo trapianti del Cnt sono 12,7 milioni: 9,2 milioni di sì e 3,5 milioni di no. Nel nostro Paese sono circa 8.500 le persone in lista d'attesa per un trapianto e nel 2021 sono stati effettuati 3.778 trapianti grazie a 1.725 donatori.

giovedì 21 aprile 2022

Come dormire in modo corretto e salutare

di Roberto Rey*
Il sonno è una condizione fisiologica e reversibile caratterizzata da profonda depressione della coscienza e dell'attività mentale e da funzioni organiche ridotte al minimo. Due sono le fasi del sonno, le quali si alternano più volte: la fase REM (Rapid Eye Movement) che è quella in cui si sogna; la fase NON REM che è caratterizzata da sonno profondo, da assenza di movimenti degli occhi e da assenza di sogni. La quota delle due fasi varia a seconda dell'età: la fase REM prevale durante l'infanzia e si riduce drasticamente negli anziani. E' definita insonnia qualsiasi variazione del sonno vissuta con sofferenza e spesso con danno. L'insonnia può essere occasionale, transitoria, cronica e come durata può essere totale (la notte in bianco) o parziale (mattutina e intermittente). In Italia circa nove milioni di persone soffrono di insonnia accertata, ma molti altri hanno difficoltà ad addormentarsi per cause diverse e non accertate. Il sonno è un elemento indispensabile a disposizione di tutti, sia ricchi che poveri. Nel dormire c'è giustizia ma il sonno è un meccanismo della biologia che purtroppo può incepparsi. Teniamo presente che il corretto riposo è uno degli strumenti fondamentali per una buona sopravvivenza e che noi spesso, per diversi motivi, ritardiamo e riduciamo il riposo sperando sempre di riuscire a recuperarlo nel fine settimana. Programmare di dormire a seconda degli impegni, spezzando più volte il sonno, non garantisce il riposo anzi espone all'insonnia. In realtà, il sonno a più fasi nuoce alla concentrazione e alla memoria. Il trattamento dell'insonnia può essere di tipo igienico-comportamentale finalizzato adottenere un buon riposo: - andare a dormire e alzarsi sempre alla stessa ora - non dormire durante il giorno (no al sonnellino pomeridiano e no al serale davanti alla Tv) - andare a letto solo quando si è assonnati - se non si riesce a dormire è preferibile alzarsi e dedicarsi ad attività che siano rilassanti - cercare di rilassarsi il più possibile prima di andare a letto - dormire in un letto comodo in una camera protetta dai rumori e con una una corretta temperatura ambientale - mangiare negli orari ”regolari” evitando pasti abbondanti, soprattutto se vicini all'ora di andare a letto - non bere bibite contenenti caffeina o alcolici e non fumare prima di coricarsi - praticare una regolare attività fisica durante il giorno. Il sonno appare come un fenomeno passivo, sul quale non possiamo intervenire ma possiamo solo opporre resistenza con grande impegno psico-fisico. Dormire non è una perdita di tempo, ma è un'azione fondamentale in quanto permette al cervello di fare pulizia e di rimuovere anche quelle proteine che sono alla base di malattie neuro-degenerative. Dormire è strumento essenziale per il benessere psicofisico e per la salute. Risparmiare sulle ore di sonno presenta aspetti negativi per la salute, soprattutto nei giovani (il cervello completa la sua ristrutturazione intorno ai 20 anni). Negli Stati Uniti il 30% delle persone ha ammesso di aver avuto almeno una volta nella vita un colpo di sonno durante la guida. Il non dormire bene è premessa di ansia, di depressione, di malessere e anche di malattie cardiovascolari. Molte persone non dormono abbastanza e non dormono bene, ma non si rendono conto dei danni che procurano a se stesse. Gli effetti della mancanza del sonno sono oggi molto studiati e non dobbiamo più considerare il sonno come la semplice risposta alla necessità di riposare. La sua cattiva gestione espone a rischi e a danni che hanno una pesante ricaduta sulla persona e sulla società. Attenzione, perciò, alla privazione di sonno. Le conseguenze di tale privazione, infatti, non ricadono solo sulla salute del singolo ma possono mettere a repentaglio la sicurezza di tutti. Mettersi alla guida in condizioni di scarso riposo può ridurre la capacità di controllo del veicolo e la prontezza di riflessi del guidatore. I problemi del sonno sono causa di numerosi incidenti d'auto. Il dormire poco crea alterazioni del cervello simili a quelle causate dall'alcol. Il sonno è necessario per la sopravvivenza e il ciclo sonno-veglia rappresenta un'importante funzione del nostro organismo. Da bambini si dorme molto. Da anziani si dorme meno. Tutti hanno bisogno del sonno; ma la giusta e necessaria quantità di sonno non è uguale per tutti. Ad alcuni, infatti, non sono sufficienti le classiche otto ore di sonno mentre ad altri ne bastano appena sei per essere attivi e pimpanti. Si deve anche tenere presente che la qualità del sonno è importante tanto quanto la quantità. Inoltre più l'età avanza, meno si sente il bisogno di dormire. Talvolta le strategie dello sfinimento non riescono a favorire l'addormentamento dei figli. La stanchezza talvolta non vince la resistenza che i bambini oppongono per non andare a dormire. I piccoli vanno accompagnati a riposare facendo con loro dei giochi tranquilli oppure leggendo con loro quando già sono sdraiati a letto. Qualche coccola e una tazza di latte caldo spesso sono un buon aiuto per far trascorrere loro una buona notte. L'adulto normalmente si addormenta durante il sonno non REM suddiviso in 4 stadi (2 di sonno leggero a cui fanno seguito 2 di sonno profondo). Dopo 90 minuti compare il primo episodio REM con inibizione del tono muscolare e con movimenti oculari rapidi e molti sogni. Al termine del primo stadio REM ricompaiono gli stadi di sonno NON REM a cui segue un nuovo episodio REM e così per un totale di 4-6 cicli. La successione degli stadi e l'alternanza tra sonno NON REM e sonno REM  costituiscono la macrostruttura del sonno. Il sonno profondo domina nella prima parte della notte mentre il sonno leggero e il sonno REM prevalgono nella seconda parte. Ogni notte ci sono mediamente 6 ore in NON REM e 2 ore in REM. Nel sonno non REM è possibile identificare una condizione di sonno instabile e una di sonno stabile. La valutazione dei micro risvegli e la distinzione tra sonno instabile e sonno stabile consentono di definire la microstruttura del sonno. Una certa quantità di micro risvegli è una componente naturale del sonno fisiologico e la misura dei micro risvegli è indice della qualità del sonno. Alcune regole per dormire bene: *L'attività fisica è fondamentale per favorire un sonno intenso e riposante, ma deve essere evitata dopo le ore 20. *La tazzina di caffè e la tazza di tè devono essere escluse dopo le ore 19 in quanto sono eccitanti e influiscono negativamente sul sonno. *A cena non si deve mangiare troppo e si devono escludere i cibi pesanti in modo che la digestione non sia troppo difficile. *La camera da letto deve essere fresca e silenziosa. *La mente deve essere libera e serena. Non si devono portare a letto i pensieri e le preoccupazioni. *Per facilitare il passaggio dalla veglia al sonno è bene andare a letto sempre alla stessa ora. L'insonnia è il disturbo del sonno più diffuso e consiste nella difficoltà ad addormentarsi e a rimanere addormentati. Per parlare di insonnia è necessario che sia presente una sensazione soggettiva di scarso riposo. Ci sono persone che pur dormendo poco, quando si svegliano sono lucide e riposate e non presentano conseguenze durante il giorno quali:stanchezza, irritabilità, scarsa efficienza e presenza di continua sonnolenza. L'insonnia può avere delle conseguenze che si manifestano durante il giorno in quanto il soggetto che ha dormito poco e male è stanco, è irritabile ed è scarsamente efficiente sul piano cognitivo e presenta una costante sonnolenza. Per avere conferma dell'insonnia che emerge dalla semplice anamnesi raccontata dal paziente, è opportuno eseguire un'actigrafia, esame semplice che registra, su un braccialetto posto al polso sinistro del paziente, i movimenti che avvengono durante il sonno. L'insonnia è più frequente nella persona anziana ed in particolare nella donna. E' prevalente l'insonnia saltuaria; solo nel 10% della popolazione l'insonnia è permanente. Può generare conseguenze sulla salute; infatti, il soggetto insonne tende a soffrire maggiormente di patologie cardiovascolari e muscolo scheletriche. L'insonnia può essere transitoria (durata 15-20 giorni) oppure persistente. La persistente può essere primaria ma soprattutto secondaria. La primaria può essere anche una pseudo-insonnia in quanto il soggetto non percepisce il fatto di dormire e crede di essere insonne; in questo caso l'actigrafia chiarisce la situazione. L'insonnia primaria più diffusa è quella psicofisiologica legata a condizionamenti esterni. Un lutto o uno stress possono causare una temporanea insonnia che può determinare dei condizionamenti nella persona che ha paura ad andare a letto perché teme di non riuscire a dormire. Questi soggetti possono migliorare la situazione modificando l'ambientazione della camera. Le più comuni cause di insonnia: * Ritmi di vita irregolari e disordinati. * Elevato consumo di caffeina e di bevande alcoliche. * Esercizio fisico dopo le ore 20. * Temperature inadeguate nella camera da letto. * Ambiente rumoroso. * Sonnellini nel corso della giornata. * Bere troppi caffè * Andare a letto troppo presto o troppo tardi. * Guardare la televisione in camera da letto. * Consumare superalcolici e fumare dopo le 20. Osservando alcune regole possiamo migliorare il sonno: * Coricarsi entro le 23 e alzarsi alle 7 o alle 8 (8-9 ore di sonno) * Evitare il sonnellino durante il giorno. * Bere al massimo 3 caffè al giorno (entro le ore 19). * Nel tardo pomeriggio favorire il relax, evitare il tè, la cioccolata e non fumare (la nicotina è uno stimolante). Evitare bevande gassate e bevande contenenti caffè. Dobbiamo sempre avere presente che la camera da letto non è una cucina e neppure un ufficio. Deve essere e rimanere un ambiente tranquillo, mantenuto alla giusta temperatura, buio e silenzioso. Il corpo ha i suoi automatismi:andare a letto sempre più o meno alla stessa ora serve a rendere più facile il passaggio dalla veglia al sonno. * Medico, presidente dell'associazione “Più vita in Salute”

Ecco perché dobbiamo dormire bene

PERCHE'DOBBIAMO DORMIRE BENE. di Roberto Rey*
Un buon sonno ristoratore è un presupposto importante per garantire una vita attiva e affrontare le fatiche quotidiane. Altrettanto importante è il modo in cui si vive nei 2/3 della giornata che trascorriamo svegli, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione e l'attività fisica. Dormire bene è fondamentale se vogliamo vivere bene e rimanere a lungo in salute. C'è un legame molto forte tra sonno e salute. E' sempre importante il riposo ma al riposo notturno non è riconosciuta tutta l'importanza che realmente merita. Dormire è un bisogno primario e se non si dorme bene nascono molte conseguenze negative. Per ottenere un sonno ristoratore é necessario che l'ambiente sia adatto a consentire di trascorrere una notte tranquilla. La camera da letto è la camera in cui si trascorre la maggior parte del tempo e quindi deve essere un'oasi di tranquillità e di silenzio. Tutto deve essere tranquillo e protetto. Il letto e il materasso sono importanti per un buon sonno quindi devono essere scelti con cura in modo da ottenere i migliori risultati. La luce naturale è un fattore essenziale del ritmo sonno-veglia. La camera da letto dovrebbe essere oscurata mediante persiane,tapparelle o tende spesse in grado di attutire anche i rumori. Prima di coricarsi arieggiare la camera da letto. La temperatura della camera non deve essere superiore ai 23 gradi né minore dei 16 gradi. Il sonno sarà più o meno riposante in funzione non solo del numero dei pasti ma anche in funzione di come ci alimentiamo. Sarà grazie a un'alimentazione consapevole, povera di zucchero e ricca di proteine nobili, di acidi grassi essenziali, di sostanze vegetali e di proteine nobili,che potremo proteggere e rinforzare non solo il corpo ma anche il nostro sonno. Per cominciare bene la giornata e sentirci in forma ci viene suggerito di mangiare così: al mattino come un re, a pranzo come un principe, alla sera quasi da povero. Al mattino: non si deve rinunciare alla ricca colazione fatta di sani carboidrati combinati con grassi buoni e adeguate proteine. A pranzo: Bisogna fare il pieno di energia. Pesce o carne o piatti di soia (proteine) con molta verdura e insalata. Formaggio fresco, frutta o Yogurt. A cena: Mangiare carne e fare una dieta iperproteica permette all'ormone della crescita, che agisce di notte, di esercitare il suo effetto positivo (troppo zucchero nel sangue ne blocca la produzione). Nel pomeriggio: non bere eccitanti come il caffè, il tè nero, il tè verde,la coca cola e altre bevande contenenti caffeina. Molti problemi di sonno possono essere dovuti allo scarso esercizio fisico durante il giorno. La vita di oggi richiede pochi sforzi fisici. L'uomo non è preparato per questo stile di vita sedentario e il nostro organismo “paga” l'eccesso di cibo e la mancanza di esercizio fisico con l'insorgenza di malattie tra cui anche il cancro. Chi non lavora con mani, braccia e gambe, si ritrova prima o poi con la muscolatura indebolita; chi non stimola la circolazione, si ritrova senza fiato al minimo sforzo. Alla sera si è esausti per il grande impegno richiesto per sbrigare gli affari che si sono presentati nella giornata ma manca la “ pesantezza fisica “ necessaria per il profondo sonno. Se invece durante il giorno si è attivi e ci si muove prevalentemente all'aria aperta ci si mantiene non solo sani e in forma ma si creano anche le condizioni per un sonno riposante perché lo sforzo fisico stanca notevolmente. I nostri antenati stavano in piedi tutto il giorno per riuscire a nutrire se stessi e la famiglia. Vale la pena tornare a ispirarsi a questo modello per dormire bene. Facciamo almeno una passeggiata o meglio ancora una camminata serale prima di cenare o prima di andare a letto; fa certamente molto bene per ridurre lo stress accumulato e per rilassarsi. Tutto ciò aumenta la disposizione al sonno. Ricordiamoci sempre che tra sonno e salute il rapporto è molto forte, così come tra cibo e salute e tra attività fisica e salute. Le persone che per lunghi periodi dormono poco e male, finiscono per entrare in un circolo vizioso decisamente pericoloso che ha effetti negativi sia sul corpo che sulla psiche. Se si dorme meno di 6 ore (anziché le necessarie 7-8 ore) si rischia di vivere una vita più breve e di qualità inferiore. Il sonno di breve durata favorisce il sovrappeso e il diabete e ha conseguenze negative anche sulla vita sociale. * Medico, presidente dell'associazione “Più vita in salute”

lunedì 18 aprile 2022

Opportunità e rischi dell'Intelligenza Artificiale nella sanità

L’Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence, AI nella dizione anglosassone), in questi ultimi anni, ha rivoluzionato la quotidianità dei cittadini e, considerando la velocità dello sviluppo tecnologico, ne modificherà i comportamenti e le abitudini anche nel prossimo futuro. Ogni giorno, infatti, anche inconsapevolmente, utilizziamo tecnologie basate sull’AI, che ci facilitano compiti, più o meno complessi, della vita quotidiana: dalla navigazione in automobile, alla ricerca di un ristorante o al suggerimento all’acquisto di un determinato bene di consumo. Il mondo sanitario in generale e quello della diagnostica in particolare, subisce, allo stesso modo, questo processo di sviluppo. Ad esempio, tecnologie basate sull’AI controllano già oggi le grandi apparecchiature di diagnostica per immagini (Tomografia Computerizzata, TC o Risonanza Magnetica, RM), standardizzando i protocolli di acquisizione e riducendo drasticamente i tempi di acquisizione degli esami, al fine di migliorare la compliance e il comfort dei pazienti. Esistono anche algoritmi in grado di supportare il radiologo nell’identificazione di patologie (ad esempio, noduli mammari o polmonari, fratture ossee, pneumotorace, ecc), riducendo al minimo gli errori di percezione, oppure aiutare lo specialista nella caratterizzazione di lesioni (ad esempio, il dermatologo con il melanoma cutaneo), con lo scopo di migliorare la diagnosi. Le ultime evidenze scientifiche riportano, inoltre, studi sull’uso di sistemi esperti “intelligenti”, in grado di categorizzare il rischio del paziente, determinare una prognosi e supportare il medico nella successiva decisione terapeutica. Questo tumultuoso sviluppo rischia, d’altra parte, di essere incontrollato e fonte di potenziali rischi, derivanti, ad esempio, dall’uso di sistemi di AI privi di una rigorosa validazione scientifica, dalla mancanza di controllo sui dati processati dai sistemi esperti, da possibili violazioni della privacy degli utenti e da discriminazioni introdotte dalla programmazione degli algoritmi; senza dimenticare le aspettative illusorie e fuorvianti per sanitari e pazienti derivanti da un utilizzo improprio dei sistemi di AI. Si aprono, quindi, nuove problematiche etiche e legali, che coinvolgono la responsabilità professionale e il ruolo del medico nell’interazione con i sistemi di AI, arrivando anche a modificare potenzialmente il rapporto medico-paziente. Secondo il ministero della Salute, uno sviluppo incontrollato e non governato dell’AI non è scevro da potenziali rischi, derivanti, ad esempio: 1) dall’uso di sistemi di AI privi di una rigorosa validazione scientifica; 2) dalla mancanza di controllo sulla modalità di processazione dei dati da parte dai sistemi esperti; 3) da possibili violazioni della privacy degli utenti; 4) da discriminazioni (ad esempio di razza e/o di genere) introdotte dalla programmazione degli algoritmi; 5) dall’assenza di informazioni circa la sicurezza e la riproducibilità nell’uso dei sistemi di AI; 6) dalla mancanza di norme circa la responsabilità professionale del medico nell’interazione con gli algoritmi; 7) dalla impreparazione del personale medico e sanitario al corretto utilizzo dei sistemi di AI e alla appropriata modalità di comunicazione del loro utilizzo ai pazienti; 8) dall’incomprensione da parte dell’utente/cittadino dei reali benefici e limitazioni dei sistemi di AI. Per poter introdurre, in modo sicuro, nella pratica clinica i sistemi di AI e per competere in ambito internazionale nella programmazione e nello sviluppo degli stessi, “è auspicabile che, nel nostro Paese – ha scritto il ministero della Salute - siano attuati i seguenti interventi:  realizzazione di infrastrutture organizzative, informatizzate, a livello locale, regionale o nazionale, di data stewardship e data governance;  creazione di una struttura di governance dei sistemi di AI da parte delle agenzie regolatorie italiane, in particolare il ministero della Salute per ciò che riguarda i dispositivi medici e Aifa per gli eventuali aspetti terapeutici, con lo scopo di stabilire delle regole rigorose per l’approvazione e la registrazione di tali sistemi;  predisposizione di linee guida nazionali riguardanti le modalità di integrazione e il corretto utilizzo dei sistemi di AI nella diagnostica, in accordo con le società scientifiche di riferimento;  creazione di un osservatorio nazionale permanente al ministero della Salute, per il monitoraggio delle performance dei sistemi di AI immessi sul mercato (analisi post-market);  predisposizione di moduli formativi universitari e post-universitari per migliorare le conoscenze e competenze in materia di AI del personale medico e delle professioni sanitarie; I sistemi di intelligenza artificiale come strumento di supporto alla diagnostica 2021  integrazione di elementi metodologici in tema di AI all’interno dei programmi della scuola secondaria superiore e creazione di contenuti informativi, anche tramite canali informatici, al servizio del cittadino.

domenica 10 aprile 2022

Un italiano su due cerca in Internet notizie sulla salute

Negli ultimi tre mesi prima dell'indagine del 2021 sull'uso delle Tic (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) nelle famiglie e da parte degli individui, un cittadino dell'Ue su due (55%) di età compresa tra 16 e 74 anni ha riferito di avere cercato informazioni sanitarie online relative a lesioni, malattie, alimentazione, migliorare la salute o simili. Lo ha censito Eurostat, l'istituto di ricerca europeo. La percentuale di persone che cercano informazioni sanitarie online per scopi privati ​variava tra gli Stati membri: nel 2021, la quota più alta è stata registrata in Finlandia, dove l'80% delle persone di età compresa tra 16 e 74 anni ha cercato online argomenti relativi alla salute negli ultimi tre mesi prima del sondaggio, seguito da Paesi Bassi (77%), Danimarca (75% ) e Cipro (74%). In Italia la quota è risultata di poco superiore al 50%. Al contrario, le quote più basse sono state osservate in Bulgaria (36%) e Romania (40%), seguite da Germania (45%) e Polonia (47%). Nell'ultimo decennio, la quota di persone che cercano informazioni sanitarie online è aumentata in quasi tutti gli Stati membri dell'Ue con un aumento medio di 17 punti percentuali rispetto al 2011 (38%). Gli aumenti più elevati del numero di persone che cercano informazioni sanitarie online sono stati registrati a Cipro (+46 punti percentuali), seguita da Cechia (+33 punti percentuali), Malta (+32 punti percentuali) e Spagna (+31 punti percentuali).

giovedì 7 aprile 2022

La Liguria lancia test contro la degenerazione maculare

La degenerazione maculare rappresenta la principale causa di cecità legale (grave perdita della visione centrale) dopo i 50 anni. Oltre un milione di persone ne sono affette in Italia. Con l’avanzare dell’età il rischio di degenerazione maculare e il rischio di aggravamento della malattia progressivamente aumentano. Pur essendo una delle cause più comuni di cecità grave nelle persone di età superiore ai 50 anni è quasi completamente sconosciuta e questo non consente una seria attività di prevenzione che potrebbe essere fatta anche con un semplice test di autodiagnosi. “E’ da questo dato che siamo partiti per la nostra iniziativa – dichiara l’assessore regionale agli Stili di Vita Consapevoli e al Personale di Regione Liguria Simona Ferro (nella foto) – abbiamo bisogno di far conoscere questa malattia e di portare avanti una seria prevenzione. Dopo l’esperienza del Comune di Genova che ha promosso il test di autovalutazione del Comitato Macula ‘Testa la Vista’ abbiamo deciso di riproporlo nelle medesime modalità in Regione Liguria per poi ampliare questo strumento di autodiagnosi in tutti i Comuni delle Liguria”. Avere a disposizione un test come questo – spiega il vicesindaco del Comune di Genova Massimo Nicolò – può rivelarsi fondamentale per riconoscere l’insorgere di retinopatie e maculopatie anche in persone ignare di essere affette da diabete. Ricordo che ‘Testa la vista’ non può e non deve considerarsi come sostitutivo di una visita oculistica, ma è senza dubbio utile ad aiutare le persone a individuare i potenziali segnali che possono portare alla diagnosi precoce e quindi all’accesso tempestivo alle cure, riducendo così in modo significativo il rischio di danni ancora maggiori alla vista “Oggi è un grande giorno in quanto grazie a Regione Liguria riusciamo a sensibilizzare tutti su questo problema – ha sottolineato Massimo Ligustro presidente del Comitato Macula - offrendo a tutti (turisti inclusi) un nuovo strumento di prevenzione. Grazie a tutti e non perdiamoci la vista”. ‘Testa la vista’ è un innovativo strumento di indagine digitale che nasce con l’intento di supportare il Comitato Macula, la prima associazione italiana di pazienti affetti da maculopatie e retinopatie, nell’impegno di prevenire o intercettare precocemente queste patologie. Si tratta di un test di autovalutazione della vista basato sull’osservazione di una serie di immagini a partire dalla griglia di Amsler, metodo già collaudato dagli oftalmologi per intercettare con efficacia gli indizi di disturbi visivi associabili a problematiche retiniche e maculari. Il test è gratuito, non è invasivo ed è semplice e servono pochi minuti per comprendere se c’è necessità di ulteriori controlli, fermo restando che il risultato negativo non possa escludere la presenza di altre patologie non diagnosticabili col test. L’utenza di riferimento di ‘Testa la vista’ è la popolazione affetta da diabete, che ne siano consapevoli o meno. ‘Testa la vista’ offre l’opportunità di contattare un operatore di SOS Macula per ricevere tutte le informazioni necessarie per approfondimenti e cure. SOS Macula è un servizio gratuito dell’associazione Comitato Macula attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 al numero 3755378678. Questo test sarà disponibile sul sito e sui canali intranet di Regione Liguria e quindi disponibili sia per i dipendenti dell’ente, ma anche e soprattutto per i cittadini della nostra regione che potranno accedere a questo strumento di autodiagnosi importantissimo per la propria salute. “Mi auguro che tutte le amministrazioni locali e non solo seguano l’esempio di Regione Liguria e del Comune di Genova – conclude l’assessore Ferro – ed è per questo che nell’immediato futuro scriverò alle amministrazioni locali per chiedere la loro collaborazione e la promozione di questa piattaforma”.

mercoledì 6 aprile 2022

Irccs di Candiolo: due investimenti innovativi da 30 milioni

Due importanti investimenti in alta tecnologia sono in corso di implementazione all’IRCCS di Candiolo, secondo un piano di attività definito in un incontro tra l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi e il presidente della Fondazione del Piemonte per l’Oncologia, Andrea Agnelli. Si tratta dell’acquisizione di una strumentazione CyberKnife, vale a dire una nuova forma di radioterapia di precisione chirurgica anche su lesioni che si muovono con il respiro e della realizzazione di un sistema di Protonterapia, un innovativo trattamento radiante oncologico per la cura di tumori. “Attualmente – osserva l’assessore Luigi Genesio Icardi - in Piemonte non vi sono strumentazioni similari, sia nel pubblico che nel privato. Siamo grati all’IRCCS di Candiolo, che puntualmente mantiene le promesse di rilancio tecnologico sul fronte delle cure oncologiche di altissima specializzazione, confermandosi una vera eccellenza sanitaria per la nostra regione. Grazie a queste nuove apparecchiature, non solo molti pazienti piemontesi non saranno più costretti a recarsi fuori regione per determinati trattamenti terapeutici, ma si invertirà il flusso dei pazienti verso il Piemonte. Vuol dire che specifici trattamenti ora possibili solo a Trento, a Pavia e altrove, potranno essere eseguiti in Piemonte, a Candiolo”. Sul piano economico, per questi interventi l’IRCCS di Candiolo investe complessivamente oltre 30 milioni di euro. “Sappiamo quanto sia determinante l’aspetto tecnologico nella lotta al cancro – dichiara il presidente della Fondazione del Piemonte per l’oncologia, Andrea Agnelli – e l’Istituto di Candiolo ne ha fatto da sempre una priorità, insieme all’alta specializzazione dei sanitari e all’umanità dell’approccio con i pazienti. La radioterapia dell’IRCCS di Candiolo è attualmente dotata di tre strumenti ad alta tecnologia, un acceleratore lineare di ultima generazione e due tomotherapy”. Nello stesso incontro, l’assessore Icardi e il presidente Agnelli hanno convenuto che l’ospedale di Candiolo metterà a disposizione venti posti letto per la cura dei pazienti oncologici ucraini adulti, cosi come è stata ribadita la disponibilità dell’Istituto a collaborare con i professionisti delle Aziende sanitarie piemontesi che intendono avvalersi delle dotazioni sanitarie di alta tecnologia dell’ospedale.

lunedì 4 aprile 2022

I dati principali del Rapporto sulle tossicodipendenze

Sono 125.428 le persone dipendenti da sostanze assistite in Italia nel 2020 dai Servizi pubblici per le Dipendenze. Lo ha comunicato il ministero della Salute, precisando che l'86% dei pazienti sono di genere maschile e che l’eroina rimane la sostanza primaria più usata dall’insieme degli utenti in trattamento. Questi alcuni dei dati che emergono dal Rapporto tossicodipendenze 2020, che rappresenta l'analisi dei dati rilevati, a livello nazionale, attraverso il Sistema Informativo Nazionale per le Dipendenze (Sind) nel 2020. Il documento è uno strumento conoscitivo fondamentale per i diversi soggetti istituzionali responsabili della definizione e attuazione delle politiche sanitarie del settore dipendenze, per gli operatori e per i cittadini utenti del Servizio Sanitario Nazionale. In sintesi ecco alcuni dei risultati principali del Rapporto: nel 2020 sono operanti in Italia 575 Servizi pubblici per le Dipendenze (Ser.D); per rendere il servizio più accessibile a tutta la popolazione, in diverse regioni i servizi sono articolati su più sedi di erogazione delle prestazioni; la dotazione complessiva del personale dipendente all’interno dei Serd.D risulta pari a 6.200 unità Nel 2020, i servizi in Italia hanno assistito complessivamente 125.428 soggetti dipendenti da sostanze (su un totale di 198.497 contatti) di cui 15.671 sono nuovi utenti (12,5%) e 109.757 sono soggetti già in carico o rientrati dagli anni precedenti (87,5%). Circa l’86% dei pazienti totali sono di genere maschile con un rapporto di una femmina ogni sei maschi. I pazienti in trattamento sono prevalentemente di nazionalità italiana (91,3%). Le classi di età più frequenti sono quelle comprese tra i 35 e i 54 anni Il 63,9% dell’utenza in trattamento per droga è in carico ai servizi per uso primario di oppiacei; tale percentuale scende al 28,8 % tra i nuovi utenti, mentre tra le persone già in carico o rientrate arriva al 68,9%. L’eroina, rimane la sostanza primaria più usata dall’insieme degli utenti in trattamento; tuttavia la proporzione di persone sul totale dei trattati che la scelgono come sostanza di elezione, diminuisce nel corso degli anni. Nel 2020 si registrano 14.323 dimessi (13.777 in regime ordinario e 546 in regime diurno) con diagnosi correlate all’uso di droghe dalle strutture ospedaliere italiane. Infine, il numero complessivo di accessi al Pronto Soccorso per i gruppi diagnostici correlati all’uso di droghe ammonta a 5.677, che rappresentano lo 0,04% del numero totale di accessi al pronto soccorso a livello nazionale.

venerdì 1 aprile 2022

In Italia assistiti oltre 728.000 pazienti psichiatrici

Gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici in Italia nel 2020 ammontano a 728.338, con tassi standardizzati che vanno da 342 per 100.000 abitanti adulti in Molise fino a 1.954 in Umbria (la media nazionale è 1.434 ogni 100.000 abitanti). Lo ha rivelato il ministaro della Salute precisando che gli utenti sono di sesso femminile nel 53,6% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (69%). In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nelle classi 45-54 anni e 55-64 anni (46,8% in entrambi i sessi); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe over 75 anni (6,7% nei maschi e 10,7% nelle femmine). Nel 2020 i pazienti che sono entrati in contatto per la prima volta nell'anno (utenti al primo contatto) con i Dipartimenti di Salute Mentale sono stati 253.164, di cui il 91,8% ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita (first ever pari a 232.376). I tassi degli utenti trattati per gruppo diagnostico evidenziano importanti differenze legate al genere. I tassi relativi ai disturbi schizofrenici, ai disturbi di personalità, ai disturbi da abuso di sostanze e al ritardo mentale sono maggiori nel sesso maschile rispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare, per la depressione il tasso degli utenti di sesso femminile è quasi doppio rispetto a quello del sesso maschile (242 per 100.000 abitanti nei maschi e 404 nelle femmine). Le prestazioni erogate nel 2020 dai servizi territoriali ammontano a 8.299.120, con una media di 12,3 prestazioni per utente. Complessivamente il 79,6% degli interventi è effettuato in sede, l’8,9% a domicilio e il resto in una sede esterna; gli operatori prevalenti sono rappresentati da medici (34,7%) e infermieri (42,7%). Il 33% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 22,8% da attività psichiatrica, l’11,4% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale, il 6,6% da attività di coordinamento e il 6,3% da attività di supporto alla vita quotidiana, il 6,2% da attività psicologica-psicoterapica; la quota restante riguarda attività rivolta alla famiglia e attività di supporto. Inoltre, le giornate di presenza presso strutture residenziali sono state 10.594.206 per 26.288 utenti; la durata media del trattamento a livello nazionale è pari a 1.059,6 giorni. Gli accessi nelle strutture semiresidenziali sono stati 1.032.170 per 21.898 persone (2.091 accessi per 100.000 abitanti). Nel 2020 si sono registrate 84.491 dimissioni dalle strutture psichiatriche ospedaliere (pubbliche e private), per un totale di 1.130.499 giornate di degenza con una degenza media di 13,4 giorni. Con riferimento ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), le riammissioni non programmate entro 30 giorni rappresentano il 13,5% del totale delle dimissioni, mentre quelle a 7 giorni rappresentano il 7,5%. Sempre nel 2020 sono stati registrati 5.398 trattamenti sanitari obbligatori nei SPDC che rappresentano il 7,1% dei ricoveri avvenuti nei reparti psichiatrici pubblici (76.351). Gli accessi al Pronto Soccorso per patologie psichiatriche sono ammontati a 421.208, che costituiscono il 3,2% del numero totale di accessi al pronto soccorso a livello nazionale. Il 15,3% del totale degli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici esita in ricovero, di cui più della metà sono accolti nel reparto di psichiatria. Inoltre il 38,6% degli accessi per problemi psichiatrici registra una diagnosi di Sindromi nevrotiche e somatoformi. Il 71,3% del totale degli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici esita a domicilio. In regime di assistenza convenzionata, oper la categoria degli antidepressivi la spesa lorda complessiva è stata di oltre 391 milioni di euro, con un numero di confezioni superiore a 37 milioni. Per la categoria degli Antipsicotici la spesa lorda complessiva è risultata superiore a 77 milioni di euro, con un numero di confezioni che supera i 5,9 milioni. Per la categoria Litio la spesa lorda complessiva è stata di circa 3,6 milioni di euro con 900.840 confezioni. In distribuzione diretta, per la categoria degli antidepressivi la spesa lorda complessiva è stata di 1 milione di euro con 496.762 confezioni; per la categoria degli antipsicotici la spesa lorda complessiva è ammontata a circa 72 milioni con 6,7 milioni di confezioni e per la categoria Litio la spesa lorda stata è di 55.208 euro con 24.349 confezioni.