domenica 15 maggio 2022

Lo stato di salute della nostra industria farmaceutica

La crescita del settore farmaceutico italiano, primo in Europa per il numero di imprese, rischia di frenare per la carenza di materie prime e per i colli di bottiglia che gravano su tutta la catena del valore. È l’allarme lanciato dall’”Osservatorio sul sistema dei farmaci generici”, realizzato da Nomisma per Egualia (già Assogenerici). Nel panorama manifatturiero nazionale, il comparto farmaceutico si contraddistingue per una preponderanza di imprese di medie e grandi dimensioni, rispetto agli altri comparti. Se sul totale delle imprese manifatturiere l’81,3% ha meno di 10 addetti, la percentuale scende al 37% per le imprese del farmaco, mentre la somma delle medie e grandi imprese raggiunge il 42,1%. Fra l'altro, alle imprese farmaceutiche con oltre 250 addetti si deve l’82% del fatturato, una quota di gran lunga superiore rispetto a quella del totale della manifattura, che si attesta al 46,1%. Sommando alle grandi imprese le medie, la quota di fatturato realizzato dalle aziende con oltre 50 addetti raggiunge il 96,9%, contro il 71,4% del totale manifatturiero. Il settore farmaceutico, comunque, è in buona salute. Lo si evince, innanzitutto, dal dato occupazionale, che vanta una crescita ininterrotta dal 2014, pari al 13% in sei anni. Al 2020, nelle imprese farmaceutiche localizzate in Italia sono impiegati circa 67.000 occupati, che rappresentano l’1,7% dei lavoratori del complesso del manifatturiero. Focalizzando l’attenzione sull’ultimo decennio, il comparto è uno dei pochi (insieme ad alimentare, macchinari e apparecchiature e chimica) a segnare un incremento occupazionale. La farmaceutica cresce, infatti, del 3,6%, in controtendenza rispetto alla manifattura che registra una perdita del 5,7% della propria base occupazionale. Un ulteriore elemento peculiare del settore farmaceutico è l’elevato valore aggiunto per addetto:139 mila euro nel 2020, di gran lunga superiore a quello degli altri comparti, davanti alla chimica (92 mila euro per occupato) e più che doppio rispetto alla media manifatturiera (58 mila euro). Tuttavia, rispetto all’anno precedente c' stato un calo del 5,7%, frutto della contrazione del valore aggiunto da un lato e della crescita del numero degli occupati dall’altro. In ogni caso, l’incidenza della quota di produzione farmaceutica su quella totale manifatturiera è aumentata, passando dal 2,3% del 2008 al 2,7% del 2019. Inoltre, a differenza di altri settori produttivi, le imprese del farmaceutico non hanno smesso di investire. L’Osservatorio, infatti, ha rilevato una buona propensione all’investimento, che nel decennio ha comportato una crescita dell’incidenza degli investimenti farmaceutici sugli investimenti totali manifatturieri di mezzo punto percentuale (dal 2,9% del 2008 al 3,4% del 2019). Anche dal punto di vista dell’export, il settore farmaceutico si conferma in controtendenza ed è stato l’unico, insieme a quello alimentare, a segnare nel 2020 una crescita (+3,8% rispetto al 2019) che lo ha confermato il sesto comparto dell’export nazionale per valore. Al 2020, le esportazioni del farmaceutico valgono 33,9 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 184% nei dodici anni presi in esame. Così, se nel 2008 le esportazioni di settore pesavano per il 3,4% su quelle manifatturiere, nel 2020 tale valore risulta più che raddoppiato, superando la soglia dell’8%. In particolare, le imprese di farmaci generici crescono di più di quelle che producono farmaci non generici. Osservando l’andamento del volume d’affari delle imprese di farmaci generici si nota una crescita strutturale tra il 2014 e il 2019: i ricavi sono aumentati (+8% ogni anno, +47,9% complessivamente), attestandosi nel 2019 a oltre 4,3 miliardi di euro. Le imprese di farmaci non generici, invece, hanno segnato una crescita meno vigorosa (+21,8% nel periodo 2014-2019 e +4,5% di media annuale). Una dinamica simile si registra osservando l’andamento dell’occupazione: nel periodo 2014-2019 l’incremento supera il 31% tra le imprese di farmaci generici, mentre si ferma al 9,3% per i non generici. I dipendenti delle imprese di farmaci generici a fine periodo sono oltre 8.600. Nonostante un volume di ricavi che cresce a un ritmo più sostenuto, le imprese di farmaci generici presentano però una minor capacità di generare redditività rispetto alle società che si occupano di farmaci non generici. Il margine operativo lordo registra una tendenza, rispetto ai ricavi, strutturalmente meno performante per le imprese di farmaci generici oscillando nel periodo 2014-2019 tra il 10,6% del 2019 e l’11,3% ( 2017). Le imprese che si occupano di farmaci non generici, invece, mostrano valori costantemente superiori, attestandosi al 15,1% nel 2019, segnalando una distanza di redditività che tende ad amplificarsi. Nel 2020 la spesa farmaceutica, pubblica e privata, in Italia ammontava a 20,5 miliardi di euro, in diminuzione del 2,6% rispetto all’anno pre-pandemico (2019), allineandosi a valori simili a quelli del 2018. La spesa territoriale pubblica è stata pari a 11,9 miliardi di euro, registrando un decremento del 3% rispetto al 2019. Di poco inferiore la flessione subita dalla spesa privata, che nel 2020 si è assestata a 8,7 miliardi (-2%). I risultati realizzati nell’ultimo anno non hanno impattato sulle dinamiche di medio periodo, lasciando inalterato il trend che vede una diminuzione della spesa pubblica a favore di quella privata sostenuta dai cittadini: dal 2011 al 2020, l’incidenza della spesa pubblica sul totale è scesa dal 63% al 58%, con un conseguente guadagno della quota privata di circa 5 punti percentuali. L’analisi per tipologia di farmaci venduti mette in evidenza un dato interessante: fra il 2009 al 2020 sono aumentate le vendite di generici del 119% a volumi e del 148% a valori. Parallelamente si è verificata una graduale diminuzione della presenza di farmaci coperti da brevetto, le cui confezioni sul mercato si sono ridotte di circa 328 milioni (-65%), con una contrazione di valore di circa 5,6 miliardi di euro (-63%).

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