giovedì 3 febbraio 2022

Ecco le regole per dormire bene

 di Roberto Rey*

Dormire/riposare rappresenta una delle tre attività fondamentali della nostra vita quotidiana. insieme a mangiare/alimentarsi e muoversi/fare attività fisica. Abbiamo la necessità di dormire, ogni notte, dalle sei alle otto ore. Non di più e non di meno, salvo quando abbiamo la necessità di recuperare ore di sonno perso.

I medici attenti devono raccomandare le necessarie ore di sonno e non limitarsi a prescrivere subito sonniferi, che hanno effetti decisamente negativi sulla salute.

Ricordiamoci che non dobbiamo metterci alla guida di veicoli a motore se abbiamo dormito troppo poco. Il sonno causa più incidenti della somma di quelli causati da alcol e droghe.

Se si dorme bene si è più lucidi di mente e, inoltre, migliora anche la nostra forza fisica. Quando, invece, si dorme poco si alterano due ormoni, che fanno sì che si mangi di più e troppo. Se si dorme poco per 7-10 giorni, i livelli di glicemia aumentano tanto da far pensare a una sindrome pre-diabetica.

Riportiamo nove regole per dormire bene; qualora non fossero sufficienti andrebbero associate a ulteriori provvedimenti farmacologici e non. 1. Mantenere il più possibile costante l’ora in cui ci si addormenta e l’ora in cui ci si sveglia. 2. Quando non si riesce a prendere sonno, è meglio alzarsi e cercare di rilassarsi perché girarsi e rigirarsi nel letto non aiuta. 3. Evitare i sonnellini pomeridiani. 4. Non mangiare e non guardare la televisione in camera da letto. 5. Alla sera, non rimanere addormentati sulla poltrona. 6. La camera da letto deve rimanere fresca, l’ambiente deve essere buio e silenzioso. 7. Se si assumono farmaci, controllare se interferiscono con il sonno. 8. Alla sera. non mangiare più della quantità necessaria, perché il sonno potrebbe essere disturbato e interrotto. Preferire alimenti meno grassi e poco conditi. 9. Nelle ore serali, non effettuare esercizi fisici faticosi o attività mentali troppo impegnative.


A queste aggiungiamo ancora altre considerazioni utili per riposare nel modo migliore: l’alimentazione serale deve essere piacevole e soddisfacente ma quantitavamente contenuta; dormire meno di sei ore indebolisce il sistema immunitario e quindi aumenta il rischio di ammalarsi di tumore o di sviluppare l’Alzheimer.

Ultima segnalazione a favore dell’importanza del sonno regolare: arricchisce diverse funzioni del cervello, tra cui la capacità di apprendere, di memorizzare, di compiere scelte e prendere decisioni logiche.

*Roberto Rey, medico è presidente dell'associazione Più vita in salute.

Le buone ragioni per la visita annuale dal dentista

di Marco Mozzati e Valentina Arata
La medicina oggi ricorre ampiamente alla prevenzione in tutti i suoi campi e l’odontoiatria, da molti anni, ha riconosciuto la prevenzione come sua parte integrante e buona abitudine di salute. La salute del cavo orale è alla base di uno stato di salute di tutto il corpo. Questo sia perché la bocca riveste un ruolo importante, permettendo di alimentarsi, respirare, parlare e relazionarsi, sia perché può essere la spia di altre patologie sistemiche dell'organismo più nascoste. Come va impostata allora la prevenzione in odontoiatria?  E chi se ne deve occupare e come? In assenza di qualsiasi problematica si può stabilire che sia buona abitudine, fin da giovane età, eseguire almeno una visita di controllo annuale accompagnata da una seduta di igiene dentale. A questo punto, di solito è proprio il ruolo dell’igienista stabilire le giuste tempistiche di “richiamo” personalizzate per ogni paziente al fine di mantenere sotto controllo l’infiammazione dei tessuti orali e prevenire le problematiche legate all’accumulo di placca e tartaro. Infatti, insieme all’odontoiatra (il dentista) l’altro specialista è l’igienista, una figura relativamente nuova e fondamentale nell’ambito della prevenzione e mantenimento della salute orale. La visita dell’odontoiatra in cosa deve consistere? L’inquadramento anamnestico medico è alla base di qualsiasi visita medica e permette di inquadrare la situazione di salute generale del paziente. Successivamente la visita clinica prevede: a) una valutazione intraorale, in cui lo specialista controlla non solo i denti (eventuali carie e abrasioni), ma anche colore e aspetto di gengive, mucose, guance, labbra, lingua, ghiandole salivari… b) una valutazione extraorale che valuta l’articolazione, i movimenti di apertura della bocca, eventuali dolenzie muscolari e funzionali, ipertrofie muscolari, asimmetrie… c) una valutazione radiografica di supporto che consente oltre a controllare denti e le loro radici, anche le ossa, i seni mascellari, l’articolazione, eventuali presenze di cisti o lesioni osse. Tutte queste osservazioni permettono di intercettare le problematiche e pianificare le eventuali cure. La salute di denti e di tutto il sistema orale sono fondamentali per una buona masticazione, che, a sua volta, consente una buona alimentazione, una buona digestione e assimilazione dei nutrimenti e quindi un corpo in salute. Inoltre patologie della bocca come la parodontite, la piorrea, possono peggiorare alcune malattie sistemiche come il diabete, malattie reumatiche, patologie cardiache… Viceversa, la visita orale può essere la partenza per intercettare malattie del corpo che danno segnali evidenti anche in bocca: erosioni dentali segnalano possibili disturbi gastrici, disturbi alimentari come la bulimia, tendenza al bruxismo. Mucose sanguinanti, alterazione del colore delle mucose possono essere la spia per problematiche ematiche coagulative, patologie epatiche, diabete…Inoltre, alcuni trattamenti farmacologici cronici necessitano di cure preventive orali e mantenimento di igiene più frequenti per contenerne gli effetti collaterali dei trattamenti. In ultimo, non va dimenticata l’importanza della visita odontoiatrica nella prevenzione del cancro orale, che è una patologia molto grave e invalidante, che se intercettata precocemente può essere invece gestita in modo risolutivo e conservativo.

Resilienza, strategia psicologica contro il Covid

di Luciano Peirone* E alla fine arrivò il “mostro che non si vede e non si tocca”… Come in tutte le storie senza lieto fine e senza una attiva partecipazione a quel che si sta facendo, l’ingenua specie umana si è trovata aggredita, e in grave pericolo. Un problema intriso di psicologia: anche se a monte si situano biologia, virologia, immunologia; anche se a valle si situano economia, sociologia, politologia. Ecco perché, in poche semplici parole, bisogna ragionare in termini di complessità: tanti punti di vista, tanti aspetti problematici, necessità di un approccio multidisciplinare, necessità che l’essere umano si riappropri di quella consapevolezza che ha fallito nel non saper vedere e prevedere, nel non saper usare immaginazione e prevenzione, nel non saper usare appieno le facoltà psicologiche del pensiero, delle emozioni, della comunicazione, della socialità. Infatti, cosa ha fatto irruzione nella vita quotidiana dell’intero pianeta, generando una “pandemia” (cioè qualcosa che riguarda assolutamente tutti!)? È il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, vale a dire l’agente infettivo che produce la malattia chiamata CoViD-19. Si è scatenata una emergenza (ormai cronicizzata! e con mille sfeccettature), alla quale si sta cercando di rispondere con la resilienza (che è prevalentemente psicologica, in quanto intenzionale). Vanno chiariti questi concetti: Emergenza vuol dire che qualcosa di diverso e sconvolgente entra a perturbare un sistema consolidato seppur instabile e vulnerabile; Resilienza è la risposta - o meglio, una delle risposte, la più idonea e adeguata - a fronteggiare l’emergenza. Di fronte a un pericolo, si tratta di capire cosa accade e di attivarsi per “gestire” l’accadimento: due operazioni che hanno a che fare con la mente e con il comportamento, e quindi con la psiche. Quella contro il nuovo coronavirus è una dura lotta. Occorre sopravvivere, far fronte, adattarsi, e in più “resistere”, nonché “cambiare dentro”, in modo attivo, reattivo, proattivo, dinamico, creativo, con un atteggiamento fortemente psico-socio-culturale. Occorre una innovativa forma mentis al tempo stesso coraggiosa e prudente, anche per gestire le enormi e pesanti conseguenze sanitarie, economiche, sociali, organizzative e politiche derivate da una nuova pandemia che, per essere arginata, va innanzitutto studiata e compresa. Un “lavoro” paziente ed efficace, un “ottimismo” razionale ed equilibrato, una “speranza” misurata e realistica: ecco gli strumenti per gestire la grande sfida, la grande crisi da trasformare in opportunità.  Pertanto, la resilienza è, in particolare, la capacità psicologica di affrontare i traumi della vita, di superarli e di uscirne rinforzati e addirittura trasformati positivamente. Che fare (se non qualcosa anche di profondamente psicologico) di fronte a disturbanti sensazioni come “vivere” la Misteriosa Novità, il Nemico, l’Invisibile, l’Intangibile, l’Ignoto, l’Alieno, il Mutante, l’Incomprensibile, etc.? Che fare (se non qualcosa anche di profondamente psicologico) di fronte a problemi, sintomi e malattie come paura, crisi, stress/distress, burnout, insicurezza, sfiducia, ansia, fobia, panico, angoscia, terrore, shock, trauma, ASD (Acute Stress Disorder), PTSD (Post-Traumatic Stress Disorder), compulsione, ossessione, ipocondria, claustrofobia, crollo dell’autostima, senso di inadeguatezza, senso di colpa, senso di vergogna, indebolimento percettivo-intellettivo, affaticamento cognitivo e fisico, indebolimento del sistema immunitario, somatizzazioni varie, etc. etc.? Ecco allora un esempio di lavoro psicologico (e non solo) che è stato fatto. Un libro sulla base del volontariato culturale e scientifico: sette mesi di lavoro senza compenso alcuno, 49 esperti provenienti da 4 nazioni, 36 contributi, un eBook articolato in 4 sezioni (psicologia, medicina, socioeconomia, sicurezza territoriale). In sintesi, ecco le indicazioni sull’eBook e sul suo progetto. La voce bibliografica è la seguente: Peirone L. (a cura di) (2020). Nuovo coronavirus e resilienza. Strategie contro un nemico invisibile. Torino: Anthropos. Prefazione di Santo Di Nuovo (Presidente di AIP: Associazione Italiana di Psicologia, Professore Ordinario di Psicologia all’Università di Catania). Il link per scaricare l’eBook è il seguente: nuovocoronavirus-ebook.com Il libro è stato pensato e scritto allo scopo dell’ottimale disseminazione online di un prodotto no profit (senza compenso per autori e editore), quindi gratuito e open access, da venire pertanto riversato teoricamente all’infinito, utilizzando i potenti mezzi della comunicazione via Internet, con beneficio di tutti: una politica scientifico-culturale di forte impatto sociale, per cui ogni lettore che lo riceve viene caldamente invitato a realizzare un “effetto valanga”, disseminando ai propri contatti un importante messaggio su un tema che tocca la vita quotidiana di tutti. In definitiva: informare, comunicare, educare... Come si vede chiaramente, si tratta di una tipica operazione di competenza della psicologia e degli psicologi… *Psicologo, psicoterapeuta
di Giovanni Bresciani*
La ginnastica calistenica è un'attività motoria che permette di utilizzare il peso del proprio corpo e la forza di gravità come resistenza per migliorare l’ampiezza e la capacità articolare e per sviluppare la forza muscolare. Prevede ripetizioni consecutive di un esercizio, in numero variabile a seconda del compito motorio. Aumentando il numero delle ripetizioni, si può gradualmente migliorare la resistenza e la forza di un determinato gruppo muscolare. È importante adottare la progressività dell’impegno, che implica l'aumento di ripetizioni al proprio allenamento abituale allo scopo di renderlo un po' più intenso. La calistenica non danneggia le articolazioni.  La ginnastica a corpo libero così come previsto e codificato nell'allenamento calistenico, é strutturata per il miglioramento generale delle proprie performance, la prevenzione di vizi posturali, il controllo muscolare e la sollecitazione del sistema nervoso centrale, ritardando l'incremento dell'ipertrofia stimolando quindi l’accelerazione del metabolismo, il miglioramento della resistenza generale e della resistenza alla forza, l'induzione al dimagrimento (sia grazie al dispendio calorico diretto che per effetto dell'accelerazione metabolica) e, non ultimo, la conservazione della mobilità articolare.  L’allenamento calistenico si caratterizza per una stimolazione muscolare mediante esercizi che si concentrano in modo selettivo su uno o pochi distretti muscolari e, dalla sequenza degli esercizi, si giunge poi ad una stimolazione globale. La parte centrale del lavoro prevede, in successione, esercizi per le braccia e per le gambe, esercizi per la regione posterosuperiore e posteroinferiore del tronco, esercizi per la regione laterale del tronco, esercizi per la stimolazione dell'equilibrio, esercizi per gli addominali, esercizi per le spalle e per la schiena. In tal senso è legittimo parlare di metodo calistenico e di allenamento calistenico finalizzati al miglioramento delle differenti esigenze individuali. L'allenamento calistenico, se correttamente calibrato nelle modalità e nell'intensità dello svolgimento, è tecnicamente proponibile a chiunque, a prescindere dalla fascia di età e dal livello atletico posseduto. Può essere praticato dai più giovani dato che l'utilizzo del proprio corpo come resistenza lo rende certamente più sicuro e lo svolgimento dinamico non compromette la possibilità di sfruttare il fertile periodo di sviluppo delle capacità coordinative oltre che condizionali.Va benissimo per i sedentari e per le persone in sovrappeso, così come per le donne in gravidanza ,consentendo di intervenire efficacemente anche rispetto a eventuali stati dolorosi a carico della colonna vertebrale causati da una postura poco corretta. È consigliata per le persone che debbono effettuare la riabilitazione in seguito a periodi di immobilità dovuti a interventi chirugici, degenze ospedaliere o lunghi periodi di allettamento ed il conseguente mancato movimento del corpo. Come per tutti gli sport esistono vantaggi e svantaggi molto frequentemente attribuibili a seconda del tipo di obiettivi che ci si pone. Ecco i principali vantaggi della ginnastica calistenica: a) È facile: per fare allenamento con la ginnastica calistenica, non servono attrezzi o strumenti, un tappetino sarà sufficiente; b) È economica: non servirà l’abbonamento in palestra, potrete allenarvi a casa o all’aria aperta quando le stagioni lo consentono. Non esistono dei veri e propri svantaggi nell’affrontare un allenamento calistenico, tuttavia ci sono alcuni limiti che a seconda degli obiettivi posti potrebbero disattendere le aspettative. Vediamoli: a) costanza: come per ogni tipo di allenamento, bisogna essere costanti. Il fatto che la ginnastica calistenica possa essere effettuata in totale autonomia, potrà essere un limite per i più pigri. La soluzione è quella di impegnarsi e di coinvolgere qualche amico che fungerà da motivatore; b) la ginnastica calistenica non aumenta in modo significativo la massa muscolare. L’allenamento calistenico rassoda e tonifica. Alcuni studi dimostrano che 30 minuti di ginnastica calistenica al giorno, accompagnati da un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita sano, saranno in grado di modellare e far rifiorire il vostro corpo in maniera eccellente! Aumentando progressivamente ritmo e ripetizioni, la ginnastica calistenica sarà in grado di restituirvi risultati molto soddisfacenti! * Coordinatore dell'Associazione Più vita in Salute

Le sette regole della buona alimentazione

di Roberto Rey*
Un’alimentazione corretta permette di mantenere il più possibile una buona condizione di salute, perché i cibi sono una fonte sia di calorie, necessarie per svolgere le funzioni vitali e l’attività fisica, sia di principi nutritivi (i nutrienti), di cui l’organismo ha bisogno per crescere e svilupparsi, consentendo di muoversi, lavorare, divertirsi, fare sport. Il fabbisogno calorico di ciascuna persona è diverso e dipende da molti fattori: età, sesso, costituzione fisica, attività fisica svolta, clima e non solo; per l’uomo varia da 2.300 a 2.700 Kcal, per la donna da 1.800 a 2.200 Kcal al giorno.

I cibi apportano i nutrienti (proteine, glucidi, lipidi) e i micronutrienti (sali minerali e vitamine), che, presenti in piccole quantità, svolgono comunque funzioni essenziali nel nostro organismo e le loro carenze hanno importanti ripercussioni sulla nostra salute. Non bisogna, poi, dimenticare l’importante ruolo delle fibre e, in particolare, quello fondamentale dell’acqua. Tutti gli alimenti contengono nutrienti, in quantità diverse e di vario tipo e solo variando l’assunzione dei cibi potremo garantire la copertura dei nostri fabbisogni.

Le regole fondamentali per una alimentazione sono sette. 1. Controllare costantemente il peso, in modo da evitare sovrappeso e obesità. Gli obesi si ammalano molto più facilmente dei soggetti normopeso. E' bene controllare il peso ogni 30 giorni, in modo da poterlo correggere in tempo. Se compare sovrappeso, occorre ridurre le entrate energetiche consumando cibi a basso apporto calorico (quindi poveri di sostanze grasse) ma ad alto potere saziante e aumentare le uscite (consumi) energetiche svolgendo più attività fisica. 2. Valutare quanti grassi e quali grassi introdurre. É necessaria una quota di grassi che, oltre ad apportare la giusta energia, fornisca acidi grassi essenziali, vitamine liposolubili e colesterolo. I grassi alimentari non dovrebbero costituire più del 30% dell’apporto calorico giornaliero e per i 2/3 essere di origine vegetale, prevalentemente insaturi e polinsaturi con capacità protettive. I grassi di origine animale, prevalentemente saturi, favoriscono l’aterosclerosi. 3. Più cereali, legumi, ortaggi, frutta. Cereali e legumi forniscono carboidrati complessi e fibra. Ortaggi e frutta forniscono zuccheri semplici, fibre, sali minerali, vitamine e acqua. 4. Zuccheri e dolci. Gli Zuccheri semplici devono rappresentare solo una piccola percentuale della quota energetica giornaliera. Se superiore al 10% può facilitare la comparsa di obesità, diabete, malattie cardiovascolari.

5. Il sale. Meglio non eccedere (non più di 5- 6 grammi al giorno). Può favorire l’insorgenza di ipertensione, che è fattore di rischio delle malattie cardiocerebrovascolari. Non aggiungere troppo sale da cucina durante la preparazione dei cibi e limitare il consumo di alimenti di per sé già ricchi di sale. Dare la preferenza alle erbe e alle spezie aromatiche. Comunque, preferire il sale iodato. 6. Bevande alcoliche. Consumarle con grande moderazione. L’abuso di alcool etilico è molto pericoloso: può creare danni al fegato, al pancreas, all’apparato circolatorio, allo stomaco, al sistema nervoso. Sono possibili interferenze con vari farmaci. che possono creare reazioni indesiderate. 7. Come e perché variare. La dieta monotona non dà alcun tipo di soddisfazione e non è in grado di rispondere alle tante esigenze nutritive. Inoltre variare significa soddisfare il gusto e combattere la monotonia dei sapori. 

Per una varia e sana alimentazione è utile scegliere uno o due cibi appartenenti a ciascuno dei diversi gruppi alternandoli nei pasti della giornata e continuare nei giorni successivi, avendo cura di variare sempre le scelte nell’ambito dei singoli gruppi. Gruppo 1. Cereali e tuberi: pane, pasta, riso, farro, avena, mais, orzo, patate, da 2 a 4 porzioni al giorno. Fonte di energia di pronta utilizzazione sotto forma di amido. Vitamine gruppo B. Proteine di scarsa qualità che raggiungono valore nutritivo buono se unite a quelle dei legumi. Gruppo 2: frutta e ortaggi. Fibra. Vitamine A-B-C. Da 3 a 5 porzioni al giorno. Gruppo 3: latte e derivati. Calcio. Proteine. Vitamine A-B2-D. Da 1 a 2 porzioni al giorno. Gruppo 4: carne, pesce, uova, salumi, legumi. Proteine Ferro Zinco Rame Vitamine B-A-D. Da 1 a 2 porzioni al giorno. Gruppo 5: grassi da condimento di origine animale o vegetale. Olio e burro. Da 1 a 3 porzioni al giorno.

*Roberto Rey, medico, presidente dell'associazione "Più vita in salute"


Quando l'occhio diventa "secco"

di Davia Ciacci e Francesca Jonnson*
È noto a tutti che l’utilizzo degli occhi e dell’apparato visivo assumono un ruolo fondamentale nello svolgimento delle nostre attività quotidiane: leggiamo, guidiamo, usiamo il computer tante ore, utilizziamo gli smartphone con cui comunichiamo costantemente, studiamo, guardiamo la televisione, pratichiamo attività sportive. Pertanto è indispensabile avere tale apparato perfettamente funzionante, efficiente e, in caso di patologie, in equilibrio costante. Utilizzare in qualità massimale la vista, significa non stancarsi, non stressarsi, non avere i sintomi da affaticamento che generalmente viene riscontrato in numerosi pazienti. Un buon film lacrimale e una superficie oculare sana sono condizioni essenziali per avere una perfetta qualità della visione. Le lacrime costituiscono una importante struttura sulla superficie dell’occhio e un loro difetto qualitativo o quantitativo può avere un impatto diretto sull’intera superficie oculare. Uno dei principali problemi del discomfort visivo è quindi attribuibile alle patologie del film lacrimale: l’occhio secco, le cheratopatie, l’alterazione della densità lacrimale, il mancato uso o non corretto utilizzo degli occhiali e delle Lac (lenti a contatto), gli esiti di precedenti interventi agli occhi, l’assunzione di farmaci o patologie che possono interferire con l’apparato lacrimale, generano una serie di disturbi corneali e della visione. L’occhio secco, condizione sempre più frequente oggi, si determina quando le lacrime vengono prodotte in modo insufficiente e quando il film lacrimale è di alterata qualità. È, infatti, importante capire la composizione del proprio film lacrimale per poter meglio comprendere la salute della propria superficie oculare e quindi del nostro occhio. La valutazione dell’iperosmolarità, la salinità delle lacrime, spiega in molti casi l’alterazione della superficie oculare. L’eccessiva concentrazione dei sali nelle lacrime, contribuiscono all’alterazione delle cellule della superficie oculare, producono un discomfort visivo e fluttuazioni della visione con astenopia. Un buon film lacrimale, al contrario, rende la visione più stabile e di buona qualità. L’occhio secco ha un’origine multifattoriale ed è causa primaria di discomfort visivo e difficoltà di messa a fuoco, soprattutto nei pazienti che utilizzano il videoterminale tutto il giorno, nei portatori di lenti a contatto, in coloro che sono stati operati agli occhi, o in soggetti affetti da patologie sistemiche (reumatiche, connettiviti, distiroidismi, disturbi immunitari) o in patologie distrofiche della cornea o in soggetti che assumono particolari medicinali. La somministrazione random di sostituti lacrimali non risolvono i problemi del paziente, perché è necessario effettuare una terapia individuale, che si può stabilire solo dopo aver effettuato determinati esami diagnostici: a) la meibografia, che consente lo studio delle ghiandole di Meibomio, a livello delle palpebre, responsabili della componente lipidica delle lacrime. L’alterazione di queste ghiandole riduce la produzione di lipidi con conseguente evaporazione del film lacrimale e manifestazione di secchezza oculare precoce. b) Il but-test, studio della rottura del film lacrimale sulla cornea, che dà un’indicazione circa la qualità del film lacrimale del paziente, c) test di Schirmer, che valuta la quantità delle lacrime prodotte in cinque minuti (può variare da occhio a occhio) e che si rilevano con uno speciale stick di carta millimetrata. d) valutazione della salinità delle lacrime, indice di iperosmolarità, misurata con uno strumento elettronico. * Medici del Centro oclustico Chiros (Torino)

Radicali liberi, meglio conoscerli per evitarli

di Roberto Rey*
I radicali liberi. E' importante conoscerli per poterli evitare o almeno contrastare efficacemente. Sono molecole/atomi capaci di reagire con le cellule del nostro organismo e di alterarne la struttura e la funzionalità; sono molto reattive, caratterizzate dalla presenza di un elettrone spaiato, per cui tendono a sottrarne uno alle molecole vicine più stabili. I meccanismi che determinano un aumento eccessivo e dannoso dei radicali liberi possono essere di origine esterna all’organismo (agenti fisici, chimici, infettivi) oppure di origine interna (obesità, diabete) oppure legati al metabolismo cellulare che può venire alterato durante uno sforzo fisico intenso e prolungato. Lo “stress ossidativo” da essi prodotto può portare all’aterosclerosi delle arterie attraverso tre passaggi: accumulo di grassi all’interno delle arterie e formazione di ”strie lipidiche”, formazione di placche rilevate e sporgenti all’interno dei vasi (ateromi), formazione di coaguli e trombi in quanto la guaina endoteliale non produce più anticoagulanti, ma globuli bianchi e piastrine. In questi casi è necessario intervenire riducendo il processo ossidativo ed evitando tutti quei fattori che possono favorire e incrementare la formazione di radicali liberi: il fumo, sia attivo che passivo, gli agenti inquinanti, le radiazioni ultraviolette (U.V.), il consumo di sostanze alcoliche. Parallelamente devono essere incrementate l’attività fisica e l’alimentazione corretta. I radicali liberi sono coinvolti in meccanismi di degenerazione e di invecchiamento del nostro organismo, in particolare nei meccanismi favorenti l’aterosclerosi precoce e le diverse neoplasie. L’accentuazione dello stress ossidativo porta inevitabilmente a un più veloce logoramento dei nostri apparati, in primis di quello cardiovascolare e di quello cerebrovascolare, tramite ossidazione del colesterolo cattivo (LDL), che causa aterosclerosi e ischemia con conseguente minore afflusso di sangue e di ossigeno ai tessuti. Possono essere colpiti anche il tessuto muscolare e quello cutaneo. A livello cardiovascolare i danni prodotti sono di tipo aterosclerotico e ischemico con il risultato di minor afflusso di sangue e di ossigeno. A livello nervoso vengono causati danni legati a impoverimento e riduzione delle strutture di protezione e di comunicazione tra le cellule nervose. Quando la produzione di radicali liberi è decisamente elevata può rappresentare una vera minaccia per la salute delle nostre cellule e per la loro integrità. In questi casi è indispensabile ridurre lo stress ossidativo evitando quei quattro fattori sopra elencati che determinano la formazione di radicali liberi. Contemporaneamente si devono favorire una regolare attività fisica e un’alimentazione corretta e naturale (ad esempio la Dieta mediterranea). Gli antiossidanti contrastano la formazione dei radicali liberi e neutralizzano quelli già presenti. Ad esempio una dieta ricca di anti ossidanti è una difesa naturale nei confronti dei radicali liberi che provocano uno stress ossidativo il quale inizia il percorso che porta all’aterosclerosi. Lo stress ossidativo può essere contenuto se è di bassa intensità. L’ossigeno che non viene trasformato in energia e sfugge alla normale via metabolica dà origine ai radicali liberi. Chi è più esposto all’aumento di radicali liberi? Chi è in sovrappeso e chi è esposto a stress psicofisici, all’inquinamento ambientale, al fumo di tabacco, a radiazioni ionizzanti (sole o lampade), a raggi ultravioletti; chi è in terapia con ormoni estro progestinici, chi non segue un regime alimentare bilanciato, chi assume troppi alcolici, chi è affetto da malattie croniche importanti. Quando si è in buona salute e nelle migliori condizioni psicofisiche ci si difende dallo stress ossidativo grazie al proprio sistema antiossidante (enzimi e vitamine) che non è più sufficiente quando si deve fronteggiare uno stress ossidativo elevato. * Medico, presidente dell'associazione Più vita in salute

Perché bisogna bere almeno 2 litri d'acqua al giorno

di Roberto Rey
L’acqua è un elemento indispensabile per la vita, quasi come l’aria, in quanto senza acqua non si può sopravvivere se non pochi giorni. Tutte le reazioni vitali avvengono in presenza dell’acqua, che ha il compito di distribuire nel nostro corpo tutte le varie sostanze. L’acqua è fondamentale perché: provvede alla digestione, allo scioglimento e alla distribuzione nel nostro corpo di tutte le sostanze nutritive e anche degli ormoni e degli enzimi necessari; provvede all’eliminazione di tutti i prodotti di scarto, attraverso i reni, i polmoni e la cute. Inoltre, mantiene costante la temperatura del corpo grazie alla propria evaporazione attraverso l’epidermide, interviene nell’equilibrio acido-base dell’organismo ed é fondamentale per la formazione di molti liquidi fisiologici come quello amniotico, quello oculare, quello cerebrospinale, quello sinoviale, quelli di secrezione relativi ad alcuni apparati (respiratorio, digerente, urinario). La quantità di acqua necessaria giornalmente è di circa 2,5 litri; viene assunta sia bevendo sia attraverso gli alimenti introdotti; viene eliminata attraverso le urine, le feci, la respirazione e la sudorazione. In condizioni normali è necessario bere, durante la giornata, da circa un litro e mezzo di acqua fino a due litri (cioè 8/10 bicchieri). É bene non bere troppo durante i pasti, in quanto si rischia di diluire troppo i succhi gastrici utili per la digestione. Il fabbisogno ovviamente varia a seconda dell’età, dell’attività fisica svolta, dell’alimentazione e del clima. In alcune situazioni l’aumento di acqua assunta diventa più importante: quando l’alimentazione è particolarmente ricca di proteine e quindi quando bisogna eliminare le scorie; in caso di febbre elevata, in caso di episodi ripetuti di vomito o di diarrea, in caso di poliuria, in caso di terapia con farmaci o trattamenti che favoriscono la diuresi. In altre situazioni è invece importante contenere il consumo di liquidi come in caso di scompenso cardiaco e in caso di malattie renali in quanto in tali casi si crea un accumulo di liquidi (acqua) nei tessuti perché l’organismo non è in grado di eliminare la quantità in eccesso pur con l’aiuto di terapia diuretica.  Quando non si beve acqua a sufficienza le scorie prodotte rimangono molto concentrate; ne sono una prova l’alito cattivo e le urine maleodoranti. Siamo sommersi da bevande di ogni tipo, la maggior parte di loro sono bevande gasate. I giovani adolescenti ne scolano da 2 a 4 al giorno. Gli adulti bevono più vino (o birra) che acqua, oltre a grandi quantità di tè, caffè, o altre bevande. A questo punto dobbiamo chiederci quanti bicchieri di acqua beviamo ogni giorno; probabilmente se li contiamo ci accorgiamo che sono veramente troppo pochi e in certi casi sono pochissimi. Il nostro organismo è costituito per il 70% da acqua senza la quale sarebbe più avvizzito di una prugna secca. L’acqua, una sostanza incolore, inodore, priva di calorie e di sale come può essere così essenziale? L’acqua per il nostro organismo può essere paragonata a ciò che rappresenta l’olio per il motore di un’auto. Infatti è il lubrificante che fa scorrere bene tutti gli ingranaggi ed è esattamente ciò che l’organismo richiede per poter svolgere tutti i processi vitali.  Tutte le acque potabili contengono minerali, ma per legge sono denominate minerali solo quelle che presentano determinati requisiti: devono avere origine da una falda o da un giacimento sotterraneo, devono essere dotate di proprietà salutari dovute alla presenza di particolari sali minerali e oligoelementi; inoltre devono essere già potabili alla sorgente e venire imbottigliate come sgorgano dalla fonte.  Le caratteristiche organolettiche e di contenuto delle diverse acque minerali sono basilari per effettuare considerazioni sul loro impiego nelle differenti età e nelle diverse condizioni, sia fisiologiche che patologiche, della vita. Una prima distinzione tra le acque minerali può essere fatta in base alla quantità di sali minerali in esse contenuti. Un parametro molto importante è il residuo fisso a 180° vale a dire il contenuto totale di sali espresso in grammi e rilevato dopo l’evaporazione di un litro di acqua minerale. Sulla base dei valori del residuo fisso si fa la seguente distinzione: acque minimamente mineralizzate (il 9% di quelle in commercio). Hanno il minor contenuto assoluto di sali. Determinano un rapidissimo assorbimento per via gastrica e un aumento marcato della diuresi. Sono indicate soprattutto per la cura della calcolosi delle vie urinarie. Sono ottimali in pediatria per la ricostituzione del latte in polvere e negli adulti in caso di ipertensione arteriosa (ridotto apporto di sodio). Acque oligominerali (sono il 56% delle acque minerali italiane). Hanno ridotta concentrazione dei sali minerali, tracce di metalli pesanti, di oligoelementi e di gas disciolti. Hanno azione diuretica e sono ottimali nella prevenzione della calcolosi renale. Acque ricche di sali minerali (sono l’11% delle acque minerali italiane). In queste rientrano le acque medicamentose, la cui assunzione andrebbe fatta sotto controllo medico. Infine, le acque mineralizzate, che rappresentano il 24% delle acque italiane sul mercato. Hanno azione analoga a quella delle acque oligominerali e sono ricche di bicarbonati. La classificazione delle acque minerali può essere fatta anche sulla base delle sostanze in esse contenute: acque bicarbonate (sono prevalentemente bicarbonato–calciche), acque solfate (possono essere solfato-calciche, solfato-sodiche, solfato-magnesiache), acque clorurate (prevalgono cloro e sodio), acque magnesiache (tenore di magnesio superiore a 50 mg/litro), acque calciche (tenore di calcio superiore a 150 mg/litro) acque fluorate (contengono fluoro superiore a 1mg/litro), acque ferruginose (contengono ferro superiore a 1mg /litro), acque sodiche (contengono sodio superiore a 200mg /litro).