venerdì 4 marzo 2022

Perché volano i consumi di legumi

Volano i consumi di legumi che, nell’ultimo decennio, sono aumentati del 47% - dai piselli ai fagioli, dai ceci alle fave fino alle lenticchie - sulla spinta di una vera e propria svolta green nelle scelte di acquisto dei consumatori. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Istat in occasione della Giornata mondiale dei legumi, istituita dall’Organizzazione delle Nazione Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) come un’opportunità per aumentare la consapevolezza dei benefici dei legumi per la salute e per contribuire a sistemi alimentari sostenibili. La pandemia Covid ha accelerato la tendenza a mettere nel carrello della spesa cibi più salutari, riportando sulle tavole prodotti come i fagioli, che in passato erano chiamati non a caso “carne dei poveri”, perchè da sempre contribuiscono a garantire una corretta alimentazione anche a chi non può permettersi la carne. Sul fronte nutrizionale, infatti, i legumi sono un’ottima fonte di proteine e di fibre alimentari, utili, fra l'altro, per regolare le funzioni intestinali e per il controllo dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue. Contengono sali minerali, come ferro, calcio, potassio, fosforo e magnesio, vitamine del gruppo B e, quando sono freschi, anche vitamina C. “E dal punto di vista ambientale – ha sottolineato la Coldiretti – le piante di legumi hanno un importante ruolo nella difesa della fertilità dei suoli, grazie alla loro capacità di fissare l’azoto al terreno, consentendo così la riduzione dell’uso di concimi chimici e contribuendo alla difesa delle acque e dell’ambiente”. I legumi più diffusi in Italia sono i fagioli, i piselli, le lenticchie, i ceci e le fave, oltre alle cicerchie, i lupini e la soia. E il Belpaese può contare su molte produzioni tipiche di qualità riconosciute dall’Unione Europea come i fagioli di Rotonda, di Atina, di Sarconi, di Sorana, di Cuneo, vallata bellunese, oltre alle lenticchie di Castelluccio e a quelle di Altamura. Le coltivazioni nazionali di legumi sono diffuse su oltre 150mila ettari, ai quali se ne aggiungono 273mila seminati a soia; ma soffrono della pressione di importazioni di prodotti a basso costo e ridotta qualità, magari favorite dagli accordi commerciali. La produzione nazionale si è così drasticamente ridotta rispetto al passato, accentuando la dipendenza dall’estero, nonostante una ripresa degli ultimi anni. In piena pandemia da Covid, le importazioni di legumi in Italia hanno superato i 400 milioni di chili, in crescita del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un balzo del 16% per i piselli. Il risultato è che tre piatti di fagioli, lenticchie e ceci su quattro che si consumano in Italia oggi, sono stranieri, provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada, dove vengono fatti seccare con l’utilizzo del glisofate in pre-raccolta, secondo modalità vietate in Italia. Infatti, oltre il 90% delle lenticchie consumate in Italia sono straniere, soprattutto americane e canadesi. E la dipendenza dalle importazioni è all’incirca della stessa percentuale anche per i fagioli, che arrivano in gran parte dall’Argentina e dal Nord America, mentre è del 70% per i piselli e di più del 50% per i ceci. Tra i grandi esportatori di legumi in Italia ci sono anche il Messico, diversi Paesi del Medio Oriente e la Turchia, attraverso la quale avvengono spesso triangolazioni. “Occorre assicurare che tutti i prodotti che entrano in Italia e nella Ue rispettino gli stessi criteri – sostiene la Coldiretti - garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Ma occorre anche rivedere il meccanismo degli accordi che favoriscono l’arrivo di prodotti stranieri sulle nostre tavole, garantendo che vengano applicati tre principi fondamentali: parità delle condizioni, efficacia dei controlli, reciprocità delle norme”. Con l’82% dei consumatori che, secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, preferisce comprare prodotti italiani per sostenere l’occupazione e l’economia nazionale in un momento particolarmente difficile per il Paese è necessario – conclude Coldiretti – arrivare a una chiara indicazione di origine in etichetta che non è ancora obbligatoria per i legumi secchi o per quelli in scatola. Per non cadere nell’inganno del falso Made in Italy, perciò, è necessario privilegiare legumi che esplicitamente evidenziano l’origine nazionale in etichetta, come avviene per Dop e Igp.

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